Una svolta si ha nel 1400, quando l’oligarchia della parte medicea, sedicente democratica, abbattuta la rivale parte della famiglia degli Albizi si trasforma nel 1434 di fatto, anche se non ancora di diritto, in una vera e propria Signoria.
Essa, nei rapporti esterni e nelle tendenze espansionistiche, prosegue cautamente le linee tradizionali della politica fiorentina. Cautamente, perché la Toscana è insidiata da forze nuove, come il nepotismo di alcuni Papi (specialmente Sisto IV e Alessandro Sesto) e le ambizioni politiche della monarchia francese, anche se di questa monarchia Firenze era, quasi con continuità, vigilante alleata.
Non che ci fosse allora una sorta di patriottismo toscano, la coscienza di una unità Toscana viveva semmai, debolmente, solo sul piano culturale letterario.
Il patriottismo non andava oltre il proprio campanile; e solo in spiriti di eccezione, come in Niccolò Machiavelli[1], il pensiero filosofico poteva correre dalla città alla nazione.
La ribellione di Pisa nel 1494, poi di Arezzo nel 1502, l’ambigua condotta di Siena rispetto alle nuove complicazioni politiche di fine secolo mettevano in evidenza certe debolezze del predominio fiorentino, conseguenza, in parte, della angusta e avara politica della città dominante verso le città soggette, le quali mostravano segni di decadenza.
Se la Toscana, nel gran conflitto europeo fra monarchia francese e monarchia austro-spagnola, potè almeno mantenere una sua formale indipendenza, lo dovette non certo alla magnanima ma infelice difesa dell’ultima Repubblica Fiorentina nel 1530, ma proprio agli affossatori di quella Repubblica, a due Papi medicei nepotisti (Leone X[2] e Clemente VII[3]), alla loro accorta politica e a quella non meno accorta del loro nipote Cosimo I.
Fra gli splendori filosofici, artistici, letterari del Rinascimento, molte cose erano cambiate anche in Toscana. l’intraprendenza industriale e commerciale si era venuta affievolendo, prima nelle città soggette, poi in Siena, poi anche a Firenze stessa, forse un po’ meno a Lucca, che manteneva buone posizioni nelle Fiandre.
Il tenore di vita veniva mutando: agli investimenti, alle speculazioni spesso arrischiate, ma spesso anche fortunate in imprese commerciali, industriali e bancarie si preferivano gli investimenti in proprietà terriere. La magnificenza dei ricchi si manifesta in imponenti palazzi patrizi e in fastose ville in campagna.
NOTE
[1] Niccolò di Bernardo dei Machiavelli (Firenze, 3 maggio 1469 – Firenze, 21 giugno 1527) è stato uno storico, filosofo, scrittore, drammaturgo, politico e diplomatico italiano, secondo cancelliere della Repubblica Fiorentina dal 1498 al 1512. Considerato, come Leonardo da Vinci, un uomo universale, nonché figura controversa nella Firenze dei Medici, è noto come il fondatore della scienza politica moderna, i cui principi base emergono dalla sua opera più famosa, Il Principe, nella quale è esposto il concetto di ragion di stato e la concezione ciclica della storia. (fonte: Wikipedia)
[2] Papa Leone X, nato Giovanni di Lorenzo de’ Medici (Firenze, 11 dicembre 1475 – Roma, 1º dicembre 1521), è stato il 217º papa della Chiesa cattolica dal 1513 alla sua morte. Giovanni era il secondogenito di Lorenzo de’ Medici e Clarice Orsini e portò alla corte pontificia lo splendore e i fasti tipici della cultura delle corti rinascimentali. È noto alla storia anche per aver abusato delle indulgenze, in particolare in Germania dove fu incaricato il frate domenicano Johann Tetzel alla predicazione delle indulgenze allo scopo di reperire fondi per la costruzione della Basilica di San Pietro. Questo innescò la critica del monaco agostiniano Martin Lutero che fece circolare 95 tesi contro le indulgenze, Leone X sottovalutò la portata delle critiche sollevate da Martin Lutero minacciandolo di scomunica. Lutero ignorò la bolla e sei mesi dopo, il 10 dicembre, la bruciò nella piazza di Wittenberg. Da questi fatti prese piede la riforma Luterana e la separazione dalla chiesa di Roma. (fonte: Wikipedia)
[3] Clemente VII, nato Giulio Zanobi di Giuliano de’ Medici (Firenze, 26 maggio 1478 – Roma, 25 settembre 1534), esponente della famiglia fiorentina dei Medici, fu il 219º papa della Chiesa cattolica dal 1523 alla morte. Clemente VII fu talmente attento alla politica italiana ed europea che trascurò e sottovalutò il movimento protestante, in special modo quello inglese. Enrico VIII non aveva un erede maschio (la sua unica figlia era la principessa Maria) e di questo incolpava la moglie Caterina d’Aragona. Dopo numerose relazioni con altrettante dame di corte, si innamorò di Anna Bolena. Nonostante la donna fosse di credo protestante, Enrico VIII cominciò a cercare il modo di annullare il suo matrimonio con Caterina. Sostenne che l’assenza di eredi maschi derivava dal fatto che, avendo sposato la vedova di suo fratello, aveva compiuto un atto non gradito a Dio. Il matrimonio con Caterina era stato celebrato con una dispensa speciale di papa Giulio II; il re sosteneva che questa dispensa non fosse valida e che quindi non lo era il matrimonio stesso. Nel 1527 Enrico VIII chiese a Clemente VII di annullare il matrimonio. Il papa rifiutò. Infatti, secondo il diritto canonico, il papa non poteva annullare il matrimonio a causa di un ostacolo canonico precedentemente tolto. In realtà, il rifiuto del papa aveva motivazioni prettamente politiche: Caterina d’Aragona, infatti, era imparentata con Carlo V. Noncurante del divieto pontificio, nel gennaio del 1533 Enrico VIII sposò Anna Bolena e, nel maggio dello stesso anno, il precedente matrimonio con Caterina d’Aragona fu dichiarato ufficialmente nullo dall’Arcivescovo di Canterbury. Dopo alcuni mesi, il 7 settembre 1533 nacque la futura regina Elisabetta, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena. Enrico venne scomunicato e il papa continuava a ritenere legittimo il solo matrimonio con Caterina. Il re rispose allora con l’Atto di Supremazia, votato dal Parlamento il 3 novembre 1534, che lo dichiarava Re supremo e unico Capo della Chiesa d’Inghilterra, attribuendosi quel potere spirituale che fino a quella data era stato appannaggio esclusivo del pontefice. Lo scisma era ormai compiuto. Tutti i pagamenti che prima erano versati al papa ora venivano versati alla corona; il Parlamento escluse la principessa Maria dalla successione al trono in favore della figlia di Anna Bolena, nella speranza di un futuro erede maschio.
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