La crescente ricchezza di Firenze, grazie alle sue arti, ai mercanti e ai banchieri, tende sempre di più ad identificare Firenze con la Toscana soprattutto a partire dal XIV secolo, quando progressivamente la Repubblica fiorentina completerà la conquista dei principali centri della regione.
Firenze già alla fine del Duecento si dice che avesse già circa 100.000 abitanti, al pari o di più delle grandi città europee dell’epoca. Numerosi piccoli centri abitati si erano andati costituendo attorno alle mura della città costruite intorno al 1175. Fra il 1282 e il 1333 venne realizzata una nuova cinta muraria il cui progetto è da attribuire principalmente ad Arnolfo di Cambio. Le nuove mura avevano una estensione di circa 8 chilometri e mezzo ed avevano ben 63 torri e chiudevano una superficie urbana di circa 600 ettari.
In quegli anni in città erano numerose le famiglie che si erano arricchite prestando denaro a tassi elevati perchè spesso ad alto rischio. Le famiglie dei Peruzzi, dei Bardi, gli Acciaioli, i Frescobaldi, gli Spini avevano conti aperti con i Re di Francia e d’Inghilterra e con i Papi, che in quegli anni si erano trasferiti ad Avignone. Con la guerra dei cento anni fra Inghilterra e Francia, i regnanti di quei paesi prima dilazionarono la restituzione dei prestiti e poi dichiararono l’insolvenza causando fallimenti a catena fra numerose famiglie fiorentine.
Nella seconda metà del trecento ci furono quattro epidemie di peste nera, la più grave delle quali fu proprio quella del 1348 che colpì tutta la Toscana e l’Europa (fra il 1347 e il 1352).
La crisi economica, l’alluvione catastrofica del 1333, a peste del 1348, misero a dura prova Firenze e la sua economia. Molte famiglie furono costrette ad abbandonare la città e fare investimenti nelle terre circostanti, dove, fra l’altro, la peste ebbe meno presa.
In quegli anni la popolazione di Firenze subì un tracollo considerevole e taluni studiosi stimano che la popolazione scese a circa 40-50.000 abitanti, non soltanto per le morti dovute all’epidemia di peste nera, ma anche per l’esodo dalla città ritenuta troppo pericolosa per la sopravvivenza. La città impiegò l’altra metà del trecento per crescere nuovamente in abitanti fino ai circa 70.000 della fine del secolo.
Nel corso del XIV secolo, nonostante tutto, l’egemonia fiorentina sulla Toscana si stava consolidando e “potrà essere percossa, ma non scossa, da perturbazione interne come il tumulto dei Ciompi[1] nel 1378 che trova del resto un fenomeno analogo a Siena, o dalle gravi crisi bancarie come quella del 1342-1345.
La seconda metà del trecento vide il consolidamento del dominio fiorentino che si era esteso su gran parte della Toscana nelle città di Prato, Pistoia, Arezzo, Colle di Val d’Elsa, San Gimignano, Volterra, Cortona. Alcune di queste città non furono sottomesse a seguito di conquiste militari, ma per acquisto a Fiorini contanti.
Sfuggono ancora alla presa Pisa e Lucca (per un quarto di secolo dominata da Pisa), e Siena. Ma nel 1406 è segnato anche il destino di Pisa che portò all’estensione della Repubblica di Firenze a stato regionale. Seppure ancora incompleto il dominio di Firenze sulla regione ha caratteristiche originali rispetto ad analoghi processi storici dell’Italia settentrionale (Milano, Savoia, Estensi). Infatti l’espansione di Firenze fu l’opera non di una signoria o di un Principato, ma di governi formalmente democratici, composti da una oligarchia allargata.
Nelle altre città, come Pisa, Lucca, Pistoia, Siena, Arezzo vi furono tentativi di aperto o larvato governo signorile di tipo tirannico; ma fallirono o furono di breve durata.
NOTE
[1] Il Tumulto dei Ciompi fu una rivolta popolare avvenuta a Firenze tra il giugno e l’agosto del 1378. Si tratta di uno dei primi esempi di sollevazione per scopi economico-politici della storia europea. Nella Firenze medievale venivano indicati come ciompi o scardassieri i salariati appartenenti soprattutto al settore della lavorazione della lana (addetti alla pettinatura e alla cardatura). L’etimo di ciompi deriva dal verbo “ciompare”, sinonimo di battere, picchiare, percuotere (ancora oggi nelle campagne si sente dire “stai bono sennò ti ciompo!”) e siccome una delle operazioni iniziali della lavorazione della lana consisteva nel batterla con un bastone per favorire il distacco dei mazzeri di pelo (nodi della lana o grumi di sporco presenti prima della cardatura o pettinatura). Gli addetti a questa mansione battevano o “ciompavano” la lana grezza, venendo perciò definiti ciompi. Essi avevano come luogo di ritrovo la chiesa di Santa Maria dei Battilani in via delle Ruote (oggi sconsacrata). Nel sistema delle Corporazioni delle arti e mestieri di Firenze la gerarchia politico-sociale era quindi rappresentata da un “popolo grasso” (cioè i ricchi) al vertice, rappresentante le Arti Maggiori, più prestigiose e redditizie, e da un “popolo minuto” (o medio), composto dalla piccola borghesia (le Arti Minori) e da un cosiddetto “popolo magro”, consistente in braccianti, operai e piccoli commercianti spesso immigrati dal contado per soddisfare la necessità di lavoro a basso costo. Privi di qualsiasi forma di rappresentanza, le condizioni economiche del “popolo magro” erano caratterizzate da estrema precarietà. I Ciompi, assieme ad altri mestieranti più umili rappresentavano uno dei gradini più bassi della scala sociale dell’epoca: non godevano di alcuna rappresentanza ed erano per questo esclusi da una qualsiasi gestione politica della società. (fonte: Wikipedia)
Scrivi un commento