L’origine dello stemma Mediceo è ancora oggi incerta. Sono state fatte molte illazioni ed ipotesi, molte delle quali credibili, ma nessuna è stata comprovata da documenti storici.
L’arma con cui viene rappresentata la Famiglia Medici è uno scudo generalmente ovale contenuto all’interno di uno scudo Sannitico sagomato di tipo antico. In realtà lo stemma Mediceo si è evoluto nei secoli ed è stato rappresentato in molti modi diversi.
Quello più rappresentativo è quello con sei Bisanti[1] dei quali quello più in alto è caricato di tre fiordalisi in oro posti “2 – 1” su fondo azzurro, mentre gli altri 5 sono di colore rosso, il tutto su fondo color oro.
I fiorentini le chiamano da sempre le “palle dei Medici” e su questo poco si può commentare se non ricordare la proverbiale e pungente ironia dei cittadini di Firenze.
Girando per le strade di Firenze e di molte città, paesi, chiese e palazzi della Toscana è possibile vedere decine di diverse versioni dello stemma mediceo, soprattutto versioni con un numero di bisanti diverso, dalle 11 dello Stemma di Giovanni di Bicci de’ Medici (1350 – 1429), alle 8 dello Stemma di Cosimo il Vecchio (1389 – 1464), figlio di Giovanni di Bicci, alle 7 di Piero il Gottoso (1416-1469), fino alle 6 dello stemma di Lorenzo il Magnifico (1449 – 1492), figlio di Piero il Gottoso, descritto sopra.
Nello stemma di Lorenzo il Magnifico, qui sopra rappresentato si deve evidenziare il motto “Semper” nel cartiglio sotto lo stemma, l’anello con il diamante e le piume di struzzo verde, bianca e rossa simboleggianti le tre virtù teologali: Speranza, Fede e Carità, ma che sono di fatto anche il primo segno in assoluto del Tricolore Italiano.
Il bisante centrale blu con i tre fiordalisi in oro fu una concessione del Re Luigi XI di Francia, con un decreto emanato a Montluçon nel maggio del 1465, nel quale si autorizzava Piero il Gottoso e i suoi eredi e successori legittimi di “armeggiare di Francia”, ovvero di colorare un bisante di azzurro caricato di tre fiordalisi d’oro che venne posta in alto, o al posto centrale superiore dello stemma.
Successivamente, nel periodo Granducale dei Medici, ovvero da Cosimo I de’ Medici (1519-1574), fino a Giovan Battista Gastone de’ Medici (1671 – 1737) lo stemma fu sormontato da una corona per il titolo di nobiliare Granduca conferito con la “Bolla” emessa da papa Pio V il 27 agosto 1569.
“Festina Lente”: il motto della famiglia Medici
Se nel cartiglio dello stemma di Lorenzo il Magnifico vi era scritto “semper”, mentre nell’emblema chiamato “il tronco o broncone” il motto è “Le Temps Revient”[2], che allude al famoso passaggio della “IV Egloga” di Virgilio “Redeunt Saturnia regna … surget gens aurea mundo”, il motto ufficiale della famiglia Medici però è stato “Festina lente”.
“Festina lente” significa letteralmente “affrettati lentamente” ed unisce due concetti divergenti, velocità e lentezza. La frase è attribuita all’Imperatore Augusto dallo scrittore latino Gaio Svetonio Tranquillo, nel suo testo “Vita di Augusto, 25, 4”, e sta ad indicare un modo di agire senza indugi, ma con cautela.
Nel XVI secolo, Cosimo I de’ Medici, primo Granduca di Toscana, associò questo motto al simbolo di una tartaruga con la vela, facendone l’emblema della sua flotta. La tartaruga, caratterizzata dall’estrema lentezza, simboleggia la prudenza, mentre la vela, che spinge la nave gonfiata dal vento, simboleggia l’azione. All’interno delle Ville Medicee e persino sulla porta di ingresso del Salone dei Dugento in Palazzo Vecchio, sono rappresentate numerose raffigurazioni di questo emblema.
Ipotesi sulle origini dello Stemma de Medici
Le ipotesi formulate sull’origine dello stemma mediceo sono numerose e molte appaiono più come leggende che come storie credibili.
Per esempio c’era chi ipotizzava un’origine mitologica della famiglia Medici, facendo discendere le palle sullo stemma, dalle arance, i “pomi d’oro” che crescevano nel Giardino delle Esperidi e che venivano coltivati in molte Ville Medicee.
Un’altra leggenda spiega che i bisanti rappresentano le compresse a base di erbe e polvere di minerali che i medici della famiglia somministravano ai malati. Essendo queste pillole molto amare i medici in genere, usavano coprirle di miele e da questo sembra derivi il proverbio “indorare la pillola”. Sta di fatto che le pillole indorate di miele qualcuno le associa proprio alle “palle” dello stemma Mediceo.
Vi era poi l’ipotesi che la famiglia discendesse da un famoso medico del Mugello, che guarì l’imperatore Carlo Magno da una grave malattia, applicandogli le coppette da lui inventate per salassarlo. L’Imperatore, riconoscente, gli avrebbe accordato proprio queste coppette che sarebbero le “palle” che si vedono nello stemma.
Un’altra favola racconta che Averardo, guerriero di Carlo Magno, uccise un gigante nel Mugello, ed ottenne in premio vari possedimenti nella zona e la possibilità di utilizzare, per il suo stemma, i segni lasciati dalla sua mazza ferrata nello scudo del gigante.
Altre “leggende” ritengono che i Medici discendessero da un soldato che, probabilmente durante le Crociate, uccise undici nemici. Il numero originario di palle sullo stemma dei Medici era infatti di undici.
Riteniamo che nessuna di queste ipotesi sia veritiera anche perché spesso gli stemmi non seguivano le leggi dell’araldica, ma il capriccio dei Signori.
Sono sicuramente da escludere le storie relative a Carlo Magno (anche perchè nell’800 d.C. i cognomi erano ancora rari) ed anche la storia delle crociate, perché non risulta da nessuna parte che un Medici abbia partecipato alle Crociate, e lo avrebbero scritto a caratteri cubitali se fosse stato vero.
Quello che è certo è che i Medici erano originari del Mugello ed esercitavano la professione dei medici e degli speziali, ovvero curavano i malati e preparavano i farmaci come era nelle usanze di allora. Infatti fra il 1046 e il 1102 c’è traccia di un certo Medico di Potrone (vedi la “Genealogia della dinastia Medicea” – STORIA della TOSCANA – 12: La dinastia Medicea – Toscana.uno).
Potrone o Petrona è una frazione del comune di Scarperia San Piero al confine con il comune di Borgo San Lorenzo (oggi frazione Petrona-La Torre), sempre in provincia di Firenze. Quindi fra il 1046 e il 1270, quando sembra sia nato Averardo di Averardo de’ Medici, la famiglia ha avuto 4 generazioni che sono vissute nel Mugello e che hanno dato vita al cosiddetto “ramo Cafaggiolo”. Cafaggiolo non è altro che la località a 4 km in linea d’aria da Potrona (vedi il capitolo 12 della Storia della Toscana – La Dinastia Medicea).
Ma quando i Medici arrivarono a Firenze non erano più Speziali bensì mercanti e si iscrissero nella prima e più importante delle Arti, ovvero quella dei Mercatanti o Arte di Calimala, che derivava dal nome della via dove aveva sede l’Arte.
Il nome di via Calimala sembra derivare dal fatto che quella era l’antico Cardo del quadrilatero romano, ovvero “Calle Maia” cioè strada maggiore o maxima (secondo il Prof Franco Cardini).
Dino Compagni, nelle “Croniche fiorentine” sostiene che deriva da Kalos Mallos che significa bella lana. In effetti, le botteghe e i magazzini dei mercanti appartenenti alla corporazione si concentravano quasi tutti in questa antica strada.
Il simbolo dell’Arte di Calimala è un’aquila che stringe fra gli artigli un “torsello” o “torcione”, ovvero quel cencio che le donne usavano per tenere sulla testa oggetti pesanti come gli orci, ma che in questo caso rappresentava un “tortello” di lana da conciare. Nella rappresentazione del simbolo il torcione assomiglia a 5 palle.
Questa sembra essere un’altra delle possibili origini dello stemma Mediceo.
Quella più verosimile però resta quella della somiglianza con le monete d’oro rappresentata innumerevoli volte nello stemma dell’Arte del Cambio, che in fin dei conti era il vero obiettivo della Famiglia Medici, ovvero “raccattar fiorini”.
a cura di Claudio Del Lungo
NOTE
[1] sono “Bisanti” le figure tonde, somiglianti a monete d’oro o d’argento, anche se non hanno nessuna impronta. Se è di colore pieno lo si chiama torta. Se una parte è colore e l’altra in metallo, viene chiamato “Torta–Bisante”
[2] L’impresa del “broncone” fu creata per Lorenzo il Magnifico dopo l’assassinio del fratello Giuliano de’ Medici nella Congiura dei Pazzi del 1478 a significare che Lorenzo, il “lauro”, proprio come l’alloro sempreverde, che cresce ancor più rigogliosamente dopo essere stato potato, avrebbe portato una nuova Età dell’Oro a Firenze e avrebbe continuato la dinastia Medicea con ancor più vigore, restaurandovi pace e prosperità, nonostante la tragica mutilazione del suo albero genealogico. L’alloro dunque simboleggiava il rinnovamento, la continuità, il trionfo e l’immortalità della dinastia dei Medici.
Il motto francese, che avrebbe peraltro ispirato al Botticelli il celebre quadro della Primavera, fece tuttavia la sua prima comparsa quale emblema di Lorenzo il Magnifico nella giostra del febbraio 1469, come ricordano in versi de “La giostra fatta in Fiorenza dal Magnifico Lorenzo” che descrivono lo stendardo del principe “diviso in bianco e celeste”, che mostrava al di sopra di un arcobaleno e di un sole la divisa “Le Temps Revient” e, al di sotto, la dama festeggiata, cioè Lucrezia Donati, in una veste azzurra, intenta ad intrecciare una ghirlanda d’alloro.
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