Nel cuore di Firenze, sulla pavimentazione tra i banchi della Loggia del Mercato Nuovo o del Porcellino, si trova un disco di marmo molto frequentato e famoso in passato, una pietra che si può definire dello scandalo.

Una pietra che riproduce una delle ruote del Carroccio (1), uno dei simboli della repubblica fiorentina. È qui che si riunivano i soldati fiorentini prima delle battaglie, attorno al Carroccio che veniva sistemato al centro delle Logge con il suo vessillo della città.

Questo, oltre a quanto sopra, era anche il posto in cui veniva imposta la pena dell’acculata a tutti i frodatori debitori e falsari condannati tali dai giudici del Bargello.

Che cos’era l’acculata? Una pena molto semplice da infliggere, ma talmente tanto mortificante e umiliante da lasciare una macchia nel nome di colui che doveva subirla. Essendo stato da sempre il Mercato Nuovo un punto nevralgico per i commerci di Firenze, la piazza era sempre piena di persone e quindi lo svolgersi di tale punizione in pubblico faceva sì che essa avesse una forte risonanza in tutta la città. (2)

I condannati venivano portati nella piazza dalle guardie del Bargello nei momenti in cui l’affluenza di commercianti e compratori era maggiore. Questi venivano poi spogliati nella parte inferiore della schiena, legati, venivano fatti sbattere con il posteriore più volte sulla pietra appositamente nominata dello “scandalo” e, come recitava lo statuto dei mercanti: “ostentando pubenda et percutiendo lapidem culo nudo”, era imposto loro di battere più volte il sedere nudo sulla pietra e da qui l’espressione “essere con il culo per terra”.

Oltre a questo i giudici rincaravano la dose ordinando anche la distruzione del banco del mercato in cui l’accusato svolgeva l’attività condannata e da questo nacque anche la famosa espressione “andare in bancarotta”.

Le modalità in cui veniva inflitta questa punizione e l’umiliazione a cui i condannati erano sottoposti risultava talmente tanto grande e insopportabile che molti si sentivano costretti a lasciare il proprio mestiere, quartiere, città o addirittura il cognome.

Da questa particolare punizione che veniva svolta a Firenze derivano anche detti popolari che fanno parte del linguaggio ormai comune. Una di queste espressioni indica una spiacevole sfortuna.  Non è difficile ascoltare un Fiorentino dire a gran voce: “Che sculo”!!! (3)

 

Moreno Milighetti

 

NOTE

1– Il Carroccio della Repubblica Fiorentina era un carro sul quale veniva issato il gonfalone della città e che era il punto di riferimento dei cavalieri e della fanteria durante le battaglie nel medioevo.

Il carroccio di marmo

Il “Carroccio di marmi” con la ruota che diventerà simbolo della Chiesa e del sestiere di San Piero Scheraggi (da “Il Villani illustrato” di Chiara Frugoni)

 

L’origine del Carroccio di Firenze sembra risalire alla conquista di Fiesole dopo l’assedio del settembre 1125.

Una volta conquistata Fiesole infatti i fiorentini e i fiesolani si unirono in un unico popolo (fiesolani “che si feciono cittadini di Firenze e feciono leggi e statuti comuni” – Giovanni Villani, Nuova Cronica Vol. I, libro III, cap. 2, p.99) e discesero a Firenze portando i beni conquistati su un carro che portava le “comuni insegne”, ovvero la nuova bandiera che riunì i colori delle due città, il rosso di Firenze e il bianco di Fiesole, privati l’uno del giglio bianco, l’altro del crescente azzurro.

Come detto, tra le spoglie della città distrutta, il “carroccio di marmi“.

Nell’immagine del “Villani illustrato” (Firenze e l’Italia medievale di Chiara Frugoni) sono ben visibili, l’insegna delle città riunite, il carroccio e la ruota di marmo che poi diventerà il simbolo della chiesa di San Piero di Scheraggio (oggi alla base del Palazzo degli Uffizi) e dell’omonimo sestiere di Firenze.

 

La ruota simbolo della Chiesa e del Sestiere di San Piero Scheraggio

La ruota simbolo della Chiesa e del Sestiere di San Piero Scheraggio

 

Quella ruota è la riproduzione della ruota del carroccio che poi diventerà il simbolo del punto di sosta del carro per i raduni dei soldati e che diventò anche il luogo per la pubblica esecuzione delle condanne dei commercianti fraudolenti.

2 – L’acculata veniva da taluni chiamata anche “Batticulo” o “acculattata” o “acculata” e veniva anche declinata in verbo “acculatare” con le espressioni più comuni come “Tizio è stato acculatato (o acculato)” e “mi hanno acculato (o acculatato)”

3 – Alle frasi già citate di uso comune, che derivano da questa antica tradizione fiorentina, “Essere con il culo per terra”, “Andare in bancarotta” e “Che sculo” si deve aggiungere anche “La pietra dello scandalo”.

 

note della redazione

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