Era il 4 novembre del 1333 [1] quando una delle più imponenti e tragiche alluvioni che colpirono Firenze e tutta la valle dell’Arno, travolse e distrusse tutti i ponti, ad eccezione del ponte di Rubaconte (oggi ponte alle Grazie).

Fra storia documentata e leggenda, si dice che su uno di questi ponti, il ponte Vecchio, fosse stata collocata una statua di Marte, di epoca romana, che era stata la divinità che aveva dominato per secoli il Foro romano nel vecchio castrum della città.

Nel medioevo, non si quando con precisione, con il rifacimento del centro cittadino, pare che questa statua fosse stata traslata all’ingresso del Ponte Vecchio.

L’alluvione del 1333, oltre al ponte, si portò via anche la statua dedicata a Marte.

Quando il ponte venne ricostruito, al posto della statua di Marte, venne collocata la statua di un leone.

Questa statua era diventata uno dei simboli della città a seguito di un episodio, accaduto intorno al 1200, quando un leone tenuto in una gabbia, in quella che oggi si chiama appunto Via dei Leoni, proprio dietro a Palazzo Vecchio, riuscì a fuggire e a seminare il panico fra i fiorentini. La leggenda narra che il leone si fermò soltanto davanti ad un bambino per niente impaurito. Il bambino ricevette una ricompensa a vita per aver “ammansito” il leone, mentre l’animale diventò uno dei simboli della potenza della città e come animale protettore di Firenze.

Banderuola segnavento sulla cima della Torre di Arnolfo

Ancora oggi statue di questo animale sono presenti in molti luoghi della città, dalla banderuola in cima alla torre di Arnolfo che domina Palazzo Vecchio (immagine qui a lato) e la città, all’arengario dello stesso palazzo, quale copia della ben più celebre scultura di Donatello oggi conservata nel vicino Museo Nazionale del Bargello (vedi immagini di copertina).

Francobollo granducale del 1851

Altre rappresentazioni del felino si possono trovare nel parco delle Cascine e sui basamenti dei lampioni, a forma di zampa di leone, che illuminano i lungarni della città, nonché in un francobollo granducale emesso nel 1851.

Il leone, è stato poi adottato anche dalla famiglia de’ Medici come uno dei suoi simboli, insieme allo stemma con i sei bisanti (o palle) e alla tartaruga con la vela che rappresentava il motto mediceo “festina lente” ovvero “affrettati lentamente”[2].

Il Leone Mediceo sosteneva con una zampa uno stemma con il giglio di Firenze, così come Donatello lo ha voluto rappresentare nella sua opera e proprio come è invece rappresentato rampante nella banderuola di Palazzo Vecchio mentre regge l’asta sormontata dal giglio di Firenze.

Firenze, Piazza Santa Croce, statua di Dante Alighieri con lla base quattro marzocchi

Altri quattro “Marzocchi” o leoni che sorreggono lo stemma di Firenze li possiamo trovare in Piazza Santa Croce sul basamento che sostiene la statua di Dante Alighieri, posta oggi sulle gradinate della Basilica.

Almeno una decina li incontriamo ancora in Piazza della Signoria sui basamenti delle colonne che sorreggono la Loggia dei Lanzi e incorniciano la statua di Perseo con la testa di Medusa di Benvenuto Cellini, oltre ai due più grandi che delimitano, dominandola, la breve scalinata di accesso.

Firenze, Loggia dei Lanzi con il Perseo di Benvenuto Cellini, un marzocco in primo piano, e il frontespizio di Palazzo Vecchio sullo sfondo

Altri due leoni, questa volta in marmo, sono quelli che dominano il frontespizio posto all’ingresso della porta frontale di Palazzo Vecchio che introduce allo splendido cortile di Michelozzo. Questo frontespizio decorativo in marmo datato 1528, con il monogramma raggiato di Cristo Re. Al centro, affiancato da due leoni, c’è il trigramma di Cristo, circondato dalla scritta Rex Regum et Dominus Dominantium (Gesù Cristo, Re dei Re e Signore dei Signori). Questa iscrizione, fatta mettere dal gonfaloniere Niccolò Capponi nel 1551, risale al tempo di Cosimo I e sostituiva l’iscrizione precedente ispirata da Savonarola.

Altri “marzocchi” in pietra, collocati in altrettante nicchie, si trovano nelle quattro cantonate del ballatoio aggettante che corona la parte più antica di Palazzo Vecchio.

All’interno di Palazzo Vecchio troviamo un altro grande leone affrescato da Domenico Ghirlandaio (1482) nella sala dei Gigli.

 

Ma perché venne chiamato “Marzocco”?

 

Qui la leggenda prende il sopravvento e l’ipotesi più simpatica è quella legata al fatto che la statua del leone, che aveva sostituito quella di Marte, era molto più piccola e da qui “martiocus”, pronunciato “marziocus” ovvero piccolo Marte. Da qui alla volgarizzazione popolare di Marzocco il passo è breve.

 


NOTE

[1] lo stesso giorno, esattamente 663 anni dopo, nel 1966, vi fu un’altra drammatica e imponente alluvione dell’Arno che colpì non solo Firenze, ma tutti i territori prospicenti il corso del fiume fino alla foce nei pressi di Pisa.

 

[2] Detto attribuito da Svetonio ad Augusto (nella forma greca: σπεῦδε βραδέως), che si usa ripetere per esortare ad agire presto ma con cautela.