LE VIE CONSOLARI ROMANE IN TOSCANA

La Toscana era attraversata da due vie consolari romane: la Via Aurelia e la Via Cassia e in parte dalla Via Clodia.

In realtà i primi a costruire strade permanenti sul territorio dell’attuale Toscana, furono gli Etruschi Infatti la via Cassia ricalcava in parte l’antico percorso etrusco che collegava Cortona verso Roma, e lo stesso si può dire del percorso della via Aurelia che si sviluppava nei pressi della costa del mare Tirreno.

La grande differenza, fra le strade romane e quelle etrusche, consisteva nei materiali utilizzati per il fondo. Infatti, mentre gli etruschi usavano generalmente del materiale tufaceo o calcareo compattato, i Romani impiegarono la selce, il cosiddetto “basolato romano”, molto più duro e resistente.

In realtà alcune strade romane vennero pavimentate con il cosiddetto acciottolato (galleratum), meno resistente del basolato.

 

Le strade romane

Con il nome di vie (Viae), venivano indicate le strade extraurbane che partivano da Roma, mentre le strade (Strata, cioè fatte a strati) erano quelle all’interno dei centri abitati.

I Romani distinguevano i vari tratti di strada con denominazioni proprie:

  • la Via, dove si poteva transitare con i carri, quindi che permetteva il transito di due carri contemporanei in senso opposto (da qui il termine carreggiata), di una larghezza complessiva fra i 4 e i sei metri;
  • l’Actus, dove si poteva transitare solo a piedi o a cavallo, largo circa la metà della via;
  • l’Iter, dove si poteva andare a piedi o in lettiga ma senza usare animali;
  • la Semita che era una semi-iter, più piccola;
  • il Callis una stradina tra i monti;
  • la Trames era la via traversa di un’altra via;
  • il Diverticulum una strada che si staccava dalla consolare per andare verso un luogo preciso (e in genere terminare in questo;
  • bivi, trivi e quadrivi per gli incroci di strade.

Le strade poi si dividevano in:

  • strade pubbliche, dette Pretorie e Consolari, a seconda se costruite da un pretore o un console;
  • strade private, dette agrarie.

Le strade venivano costruite a strati per una profondità di circa un metro, con un primo strato di pietre grandi e solide (il fondo o Statumen), poi uno strato ciottoli di sottofondo (Rudus o Nucleus che servivano per lo scolo delle acque) e poi, nella parte superiore le pietre piatte dette Summa crusta.

La Summa crusta era irregolare (opus incertum) per evitare che si formassero delle fenditure ed aveva una baulatura per favorire il deflusso laterale delle acque. La superficie era liscia perché “cementata”. Oggi, nei pochi tratti di strade romane rinvenuti integri, come anche in molte vie (cardi, decumani ecc.), il cemento non c’è più e la strada appare sconnessa fra una pietra e l’altra, ma in origine avevano una superficie abbastanza liscia ed uniforme.

Le distanze fra le città venivano contate in miglia ed ogni miglio era composto da circa mila passum, ovvero “mille passi” che corrispondevano a circa 1480 metri odierni.

Molte città oggi prendono il nome dalla distanza in miglia da un certo luogo di origine, come ad esempio, Tre-viso (TV), Terzo (AL), Borgo di Terzo (BG), Terzo di Aquileia (UD), Quarto Oggiaro (MI), Quarto dei Mille (GE), Quartu Sant’Elena (CA), Quarto d’Altino (VE), Quinto Romano(MI), Quinto al Mare (GE), Tor di Quinto (RM), Quinto Vercellese (VC), Sesto Fiorentino (FI), Sesto Calende (VA), Sesto San Giovanni (MI), Settimo Torinese (TO), Settimo Milanese (MI), Ottaviano (NA), Ottana (NU)[1], Nonantola (MO), Ponte di Nona (RM), Nus (AO), Decimomannu (CA), Decimoputzu (provincia Sud Sardegna-Carbonia), Pontedecimo (GE), ecc.

 

Le strade romane in Toscana

Come accennato le strade consolari romane che attraversavano la Toscana (Tuscia) erano due: l’Aurelia e la Cassia. Fra queste due venne costruito una via di collegamento denominata Via Clodia (o Via Clodia Augusta).

Tutte le strade romane avevano un percorso dettato dall’orografia del territorio per cui venivano aggirati laghi, stagni, paludi, mentre i corsi d’acqua venivano attraversati presso guadi o punti dove era più facile costruire un ponte. I rilievi (colline o montagne, venivano attraversati nel punto più basso o agevole (passo, transtitus).

 

 

La Via Aurelia See Image of Via consolare Aurelia

L’avvio della costruzione della via Aurelia si deve al censore Gaio Aurelio Cotta a partire dal 252 a.c., per collegare Roma all’Etruria, appena conquistata.

Il primo tratto fu completato probabilmente dal figlio di Gaio Aurelio, e terminava a Caere Vetus (Cerveteri).

Successivamente vennero realizzati nuovi tratti, lungo le direttrici di espansione di Roma verso il nord della penisola.

Il secondo tratto terminava nell’interno dell’attuale territorio di Vada (Volaterrana) dove, da un bivio, si dipartiva un diverticulum verso Felathri o Velathri (in etrusco) o Volaterrae (in latino), oggi Volterra.

In periodi successivi venne fatta proseguire per Pisa, Luni (oggi località in provincia di La Spezia in riva destra del fiume Magra) e poi fino ad Arles con la conquista della Gallia.

Il percorso si sviluppava da Roma parallelo al mar Tirreno, ma non era quasi mai vicino alla costa perché lungo la costa erano presenti acquitrini, zone paludose e alluvionali. Quindi la Via Aurelia si snodava ai piedi dei rilievi collinari, evitando le paludi (Maccarese, nell’Agro romano, formata dal fiume Arrone), passava da Caere Vetus (l’attuale Cerveteri), quindi aggirava l’area alluvionale di Tarquinia (formata dal fiume Marta), l’area inondata dal fiume Fiora a Montalto di Castro (Forum Aureli).

Da qui doveva distaccarsi un diverticulum verso Vulci (Velx in etrusco), poi aggirava a ovest l’area dell’attuale lago di Burano nei pressi dell’attuale Capalbio, toccava Cosa (l’attuale Ansedonia), proseguiva costeggiando ad ovest il Monte di S. Angelo e a est le lagune di Orbetello.

In alcune ricostruzioni del percorso dell’Aurelia si trova che fino a Cosa (Ansedonia) la consolare veniva denominata Vetus (vecchia), oltre veniva chiamata Nova.

Subito dopo la Via Aurelia attraversava il fiume Albegna, si manteneva a est dei Monti dell’Uccellina e aggirava, sempre a est, il lago Prile (dove sorge oggi Grosseto, formato dai fiumi Ombrone e Bruna), passando alle pendici della collina dove sorgeva Roselle (Rusel in etrusco).

A questo punto si dirigeva verso Vetulonia da dove ci sono due ipotesi di percorso, il primo addentrandosi dentro le montagne di Tirli per raggiungere il Pian D’Alma, l’altro costeggiando le suddette montagne fino all’attuale Castiglione della Pescaia, per proseguire a Nord verso il Pian D’Alma.

Proseguendo verso Nord, aggirava il padule della Sdriscia e di Orti-Bottagone (formati dal fiume Cornia), il padule di Bolgheri e le aree umide formate dal fiume Cecina e Fine, gli stagni di Gusticce per arrivare a Coltano nelle zone alluvionali dell’Arno e del Serchio, il padule di Massaciuccoli, il lago di Porta ed in fine le aree nei pressi di bocca di Magra.

Molte di queste zone, denominate con termini antichi o attuali, erano allagate permanentemente o stagionalmente, per cui la strada non poteva percorrere aree che rimanevano sommerse, ma soprattutto aree dove la malaria era la padrona del territorio. Non a caso tutti i centri abitati si trovavano a ovest dell’Aurelia e in aree sommitali dei rilievi collinari.

 

La Via Cassia

La costruzione della Via Cassia potrebbe aver avuto inizio intorno al 170 a.c. sotto il console Caio Cassio Longino (poi censore nel 154 ac) oppure con il console Lucio Cassio Longino Rovilla nel 127 a.c. (poi censore nel 125).

See Image of Via Cassia

L’unica cosa certa che si conosce della Via Cassia è che partiva da Ponte Milvio, insieme alla Via Flaminia e alla Via Clodia. Con quest’ultima condivideva un tratto fino a poco prima del Lago di Bracciano, nei pressi di Veii (dove oggi arriva il ramo della SS 2 bis Cassia Veientana), dove la Via Clodia proseguiva verso Nord-Ovest, mentre la Cassia proseguiva verso Nord-Est, passando a Est del Lago di Bracciano, a Ovest di quello di Vico e di nuovo ad est del Lago di Bolsena. Prima di Bolsena però incontrava Settevene, Sutri e Viterbo. Da qui partivano due diverticulum: il primo verso Sud-Ovest fino a Castel D’Asso, e il secondo a Nord-Est verso Ferento.

A Bolsena invece si staccava un diverticulum verso Orvieto.

A questo punto il percorso diventa difficile da trovare nel dettaglio. Si conoscono solo le tappe principali, la prima delle quali era Chiusi[2] (Clausum in latino), per proseguire lungo la riva Ovest del Lago Trasimeno, quindi Cortona (Curtun in etrusco, Corito in latino), e Arezzo (Aritim in latino). Dopo Arezzo attraversava l’Arno a Ponte a Buriano, lasciando il fiume sempre a sinistra fino alla sua destinazione. Proseguiva quindi costeggiando il Pratomagno da Loro Ciuffenna e attraversando la Sieve nei pressi dell’attuale centro abitato di San FrancescoPontassieve.

Da qui proseguiva lungo l’Arno fino a Compiobbi, da dove si addentrava nelle colline per giungere a Fiesole, non toccando Firenze.

Più tardi, probabilmente già nell’alto medioevo, la Via Cassia dopo Arezzo prendeva un’altra direzione, senza attraversare l’Arno, si dirigeva nel Valdarno rimanendo sulla riva sinistra ma ad una certa distanza dal fiume, alle pendici dell’area collinare che si distende fino al Chianti. Quindi, probabilmente, passava dove oggi si trovano Montevarchi, San Giovanni Valdarno, Figline, per proseguire verso il passo del San Donato e ripercorrere la strada dell’Ospedale del Bigallo fino all’Arno, poco a monte del Girone, dove si trovava il Ponte dei Fiesolani.

Si ritiene che questo ponte venne definitivamente distrutto dalla storica alluvione del 4 novembre 1333.

Dopo questa data la Via Cassia viene definitivamente dirottata verso Firenze, costeggiando i Bisarni, che allora creavano diverse grandi e piccole isole (Renai) documentate anche da Leonardo Da Vinci, fra la Nave a Rovezzano (che sostituì il Ponte dei Fiesolani, ma a valle dei meandri del Girone) e l’area attualmente all’altezza del Ponte San Niccolò.

Si ritiene che la Via Cassia terminasse allora nei pressi del Ponte Vecchio.

Nelle cartografie storiche si trovano dei toponimi “Cassia” anche nella zona a Nord di Firenze. Si tratta di Diverticoli che congiungevano Firenze a Prato, Pistoia e Lucca. In parte già esistenti in epoca romana, ma che niente hanno a che fare con la Strada Consolare.

In epoca ancora più recente (probabilmente in epoca Rinascimentale o Granducale), la Cassia divenne uno dei collegamenti con lo Stato della Chiesa e prese una direzione completamente diversa a partire dall’abitato di Bolsena, a nord dell’omonimo Lago. Da qui, infatti, invece di dirigersi verso Chiusi, proseguiva verso Acquapendente e l’Amiata, facendo il passo dei Radicofani, Bagni San Filippo, Buonconvento, Siena, Monteriggioni, Poggibonsi, San Casciano in Val di Pesa, per giungere a Firenze alla Porta Romana. Questo è il tracciato dell’attuale Strada Statale n.2, Cassia.

 

La Via Francigena

See Image of Via Francigena in Toscana

 

Una derivazione della Cassia Vetus e della Cassia medievale è la Via Francigena che da Roma fino a Bolsena percorreva il tracciato della strada consolare, per poi percorrere quello che è l’attuale tracciato della strada statale fino a Monteriggioni, da dove girava a Ovest verso San Gimignano e proseguiva verso Montaione e San Miniato, nei pressi della quale attraversava l’Arno in direzione di Altopascio e Lucca.

Da Lucca la Via Francigena valicava il Montemagno e giungeva nella valle di Camaiore per collegarsi con la Via Aurelia nei pressi dell’attuale Capezzano Pianore.

A questo punto la Via Francigena proseguiva fino in Francia lungo la via consolare nuova, che era stata prolungata fino ad Arles.

La Via Francigena era composta da diversi rami e, nei pressi di Sarzana, riceveva il ramo che proveniva dalla pianura Padana, che passava dalla Cisa, attraversando tutta la Lunigiana.

 

La Via Clodia

Il nome deriva da un ignoto magistrato della gens Claudia o Clodia che la fece costruire alla fine del III secolo a.C. Si hanno tracce della sua pavimentazione risalenti probabilmente già al 225 a.C.

Questa strada consolare minore in realtà rivestiva un ruolo importante perché abbreviava il percorso che da Roma si dirigeva verso Nord e il mare Tirreno, ma soprattutto venne usata dall’esercito romano per la conquista dell’Etruria.

Di fatto la Via Clodia era una Trames (traversa di un’altra Via), ma con la struttura di una vera strada consolare per il basolato utilizzato nella sua costruzione.

Anche la Via Clodia partiva da Ponte Milvio insieme alla Flaminia e alla Cassia, ma si distaccava da quest’ultima pochi chilometri dopo Roma prima del lago di Bracciano, che lasciava a est, proseguendo all’interno costeggiando i Monti della Tolfa verso Tuscania, Pitigliano, Sovana e Saturnia (la Porta Romana). In questo tratto ricalcava il percorso delle Vie cave etrusche.

La Via Clodia si collegava con la Via Aurelia nei pressi del guado dell’Ombrone di Istia, a est del Lago Prile.

La Via Clodia era anche denominata “la via delle terme”. Infatti lungo il suo tracciato venivano attraversate diverse località termali alimentate dall’Amiata, come Vicarello, Stigliano e Saturnia.

See Image of Via Clodia

 

a cura di Claudio Del Lungo

 

P.S.Questo articolo è frutto di un lavoro di ricerca preliminare basato su diverse fonti, nessuna delle quali riconosce con certezza tutti i percorsi delle antiche Vie Consolari. L’impressione che ho tratto dalle ricerche è che vi fossero numerose varianti ai tracciati originali e che molti tratti siano andati definitivamente perduti, con la conseguenza che la “ricostruzione” dei percorsi, talvolta possa essere frutto di deduzioni e di approssimazioni.

 

 


NOTE

[1] Il comune di Ottaviano non deriva dall’ottavo miglio ma dalla gens Octavia dalla quale discese il nome di Octavianum, Ottajano, ecc. e che nel Rinascimento ospitò un ramo della famiglia fiorentina de’ Medici, unico ramo mediceo ancora esistente (de’ Medici di Ottajano).

[2] In questa zona, intorno al 1400, c’era il confine fra i possedimenti controllati da Siena e quelli del Patrimonium Petri (Stato della Chiesa). La Cassia attraversava un confine molto controllato e oggetto di varie scaramucce. Lo Stato della Chiesa allora costruì, nei pressi del Lago di Chiusi, una torre per controllare i transiti e la chiamò “Beccati questo”. In risposta a questa, che venne intesa come una sfida, si dice che in una notte i senesi costruirono, in fronte alla prima, un’altra torre, chiamandola “Beccati quest’altro”. Le due torri sono ancora visibili lungo il sentiero della Bonifica, una pista ciclabile lunga 62 km che costeggia il Canale maestro della Chiana, da Arezzo a Chiusi.