La stipula di una nuova alleanza nel 1228 tra Pisa, Siena, Poggibonsi e Pistoia in funzione antifiorentina fece proseguire il conflitto tra Firenze e le altre città toscane, concentrandolo sulla Val di Chiana e Montepulciano. Sia il papato sia l’Impero tentarono la pacificazione con vari mezzi nel corso dei primi anni trenta. Il legato imperiale Geboardo di Arnstein fallì una mediazione e poi bandì Montepulciano, governata da un podestà fiorentino, Ranieri Zingani dei Buondelmonti. Papa Gregorio IX, approfittando della morte del vescovo fiorentino, insediò un suo fedele, Ardingo, a cui fece emanare costituzioni contro gli eretici. Nel 1232 Firenze, che continuava a rifiutarsi di venire a patti con Siena, fu interdetta e subì il bando imperiale.
La forza perseverante a rompere il relativo equilibrio fra le città toscane, già dai primi del secolo XIII, è Firenze; e questo già basta a darle un potenziale primato sulle città toscane. Questo primato si può dire compiuto nel decennio fra il 1250 e il 1260 dal cosiddetto primo popolo.
La sconfitta subita a Montaperti nel 1260 dai Guelfi fiorentini e dai loro alleati, è semplicemente un episodio che arresta solo per 6 anni la marcia di Firenze verso l’egemonia in Toscana.
Anche economicamente Firenze sovrasta ormai le altre città toscane. Firenze in quegli anni ha puntato sulla carta vincente angioina[1], che apre grandissime possibilità di penetrazione commerciale e finanziaria nella curia romana e nel Regno di Sicilia.
Siena è superata da Firenze nella sua attività specifica, quella bancaria. Pisa, nel conflitto con Genova per il predominio nella Sardegna e nella alterazione dell’equilibrio di forze del Mediterraneo per l’intervento di una potenza nuova, quella catalano-aragonese, che assestò il colpo di grazia alla Repubblica Marinara di Pisa nella sconfitta della Meloria nell’anno 1284.
Non valgono nei primi decenni del 1300, le effimere fortune ghibelline di capi parte, quali Uguccione della Faggiola e Castruccio Castracani, ad abbattere il primato fiorentino, come non era valso, pochi anni prima, l’intervento dell’imperatore Arrigo VII, l’invocato da Dante.
Il primato di Firenze nella Toscana di quegli anni non fu soltanto politico ed economico, ma fu anche culturale. Il “dolce stil nuovo” di Dante Alighieri, la prosa del Boccaccio, la pittura di Giotto, sono solo alcune delle espressioni fiorentine che si impongono, paradigmaticamente, anche fuori dell’ambito toscano, senza con ciò soffocare le espressioni artistiche, architettoniche, scultoree, storiche delle altre città toscane come Pisa, Lucca e specialmente, con sue pronunciate caratteristiche, Siena.
Lo sviluppo di Firenze è sicuramente un caso paradigmatico nella storia del tardo medioevo. Firenze infatti non era una città di transito, la via Francigena, per esempio non passava da Firenze, ma serviva ai pellegrini che dalla Francia si recavano in Terra Santa e attraversava l’Arno 50 km a Ovest di Firenze. L’unica consolare che vi giungeva, la via Cassia, era una strada minore, rispetto alla via Flaminia e alla via Aurelia, che transitavano lontane da Firenze. La via Cassia infatti originariamente terminava a Fiesole e solo successivamente fu unita all’Emilia e all’Aurelia, che però allungavano i percorsi Nord-Sud verso la capitale.
L’Arno era navigabile ma solo da barche di piccole dimensioni, poco profonde e solo alcuni mesi all’anno a causa del carattere torrentizio del fiume.
La città era nascosta in una valle ostacolata a Nord e a Est dagli Appennini e a Sud e Ovest dalle Colline del Chianti e dal Montalbano. Lo sbocco verso Pisa era angusto e occupato dall’Arno presso la Gonfolina, dopo la quale si apriva la pianura di Fucecchio dove l’Arno si disperdeva in diversi corsi (i cosiddetti “Bisarni”) e nei paduli (Fucecchio e Bientina). Queste aree erano malsane, acquitrinose e malariche.
Chi voleva recarsi da Nord a Sud a quei tempi prediligeva i percorsi costieri e le antiche consolari.
Eppure Firenze decennio dopo decennio consolidò il proprio potere fino a diventare la città dominante su tutta la Toscana.
Sicuramente il carattere focoso e bellicoso dei suoi cittadini contribuì a svilupparne la fame di conquista, ma quello che fece di Firenze il fulcro dell’intera regione e la calamita di tutti i traffici fu lo sviluppo delle corporazioni e definite Arti.
Firenze si sviluppò come una città artigiana e industriale, per quanto si possano definire “industrie” le manifatture dell’epoca. Questo fiorire di attività manifatturiere trovò il suo moltiplicatore di ricchezza nelle corporazioni e nello sviluppo di attività finanziarie che la portarono ad essere la città più ricca d’Europa e, per un certo periodo, a far diventare il Fiorino, la moneta coniata in città, la più importante d’Europa.
NOTE
[1] Con il cognome Angioini si intendono due distinte dinastie medievali cadette dei Capetingi, che presero il nome dalla Contea, poi Ducato, di Angiò. Angiò divenne una provincia occidentale della Francia, dopo che questa venne sottratta ai Plantageneti ed annessa ai domini diretti della Corona francese. Capostipite degli Angioini è Carlo I d’Angiò, che si stanziò nel Regno di Napoli nel 1282. La dinastia, nelle varie diramazioni, oltre ai regni di Napoli e, brevemente, quello di Sicilia, riuscì in seguito a governare molti paesi in Europa, tra cui la Provenza, la Lorena, la Polonia e l’Ungheria.
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