Le Crociate fanno crescere l’importanza di Pisa perché porto di partenza di alcune spedizioni verso la terra santa. Vi parteciparono, in varia misura, feudatari toscani, ma anche cittadini, dipendenti in qualche modo dei Vescovi locali, dei quali alcuni, come quelli di Volterra e di Arezzo, conseguirono anche poteri comitali[1] sulla città e il suo Contado. Pisa, nel secolo XII, primeggia su tutte le città toscane, come parte primaria nei traffici con l’oriente Mediterraneo, a fianco e in contrasto con Genova, meno con Venezia.

Ma anche nelle altre città toscane si detestano e si accentuano attività nuove, nella vita dei traffici commerciali e di una modesta produzione tessile. Siena precede di un poco le altre città nelle speculazioni finanziarie, estendendo la sfera d’azione dei suoi cambiatori[2] e banchieri verso Roma, verso l’alta Italia e la Francia, ma è seguita, e rapidamente superata, sia nel campo industriale tessile, ma soprattutto bancario, da Firenze.

Dopo la morte della Contessa Matilde di Canossa[3] nel 1115, la presenza di una forte autorità centrale, marchionale o regia, è discontinua, con lunghi periodi di vere e proprie assenze, durante le quali le forti tendenze autonomistiche dei ceti cittadini, para feudali o addirittura borghesi, hanno possibilità di manifestarsi apertamente e di consolidarsi in veri e propri reggimenti comunali con propri organi di governo, di solito i consoli.

La resistenza della grande feudalità, in Toscana rappresentata principalmente dalle Casate dei Conti Guidi[4], degli Aldobrandeschi[5] e dei Malaspina[6], e dalla feudalità media, molto frazionata specialmente nella zona montana della Versilia, della Garfagnana, dell’Alto Valdarno e anche del Senese.

Questa resistenza dei feudi più importanti, non bastò ad arrestare le tendenze espansive dei comuni miranti alla dominazione diretta sul contado della regione. Le lotte riempirono tutto il secolo XII e si conclusero, pur determinate fra alternative dalla presenza saltuaria di imperatori energici quali il Barbarossa e Enrico VI, sostenitori dell’ordine tradizionale, con la vittoria piena delle borghesie comunali, che ricacciarono agli estremi limiti regionali le superstiti forze feudali o le assorbirono, sottomettendole, nelle città.

Parallelamente alle lotte contro la feudalità, Pisa, Lucca, ma specialmente Firenze inaugurano le lotte contro le città vicine e rivali. Ne fu vittima, già nell’anno 1125, Fiesole, che Firenze, con atto di inusitata e atroce violenza, unico nella storia Toscana, la distrusse dalle fondamenta.

Ma già nella seconda metà del secolo XIII le lotte si estendono, fra pause e riprese, a tutta la Toscana, nelle forme di coalizione di città contro città: in genere, alternate come in una scacchiera, Firenze, alleata con Lucca e talvolta persino con Genova e Perugia o con Orvieto, contro Pisa, quest’ultima invece alleata con Pistoia, Siena, e Arezzo.

Il punto centrale della discordia è imperniato su Firenze e Pisa. La prima tende alla seconda per avere un libro sbocco sul mare, necessario la sua produzione specialmente laniera. Dai primi del secolo XIII queste lotte, che sono lotte per il predominio politico ed economico, si nascondono sotto le parti dei Guelfi e dei Ghibellini[7].

I termini “guelfo” e “ghibellino” vengono inizialmente utilizzati in relazione alle opposte fazioni fiorentine e toscane. Infatti data la situazione geopolitica del tempo è tra due gruppi di alleanze interfamiliari di questa regione che la contrapposizione si fece più intensa[8]. Nel periodo compreso tra il 1250 e il 1270 circa, il confronto diventò più virulento, creando un precedente che fece scuola per i decenni successivi.

Le prime menzioni dei due termini appaiono negli Annales Florentini. Nel 1239 compare per la prima volta la parola “guelfi“, nel 1242 la parola “ghibellini“. Negli anni successivi le attestazioni si fanno più consistenti: ad esempio, si ha un’epistola dei capitani della pars guelforum fiorentina (1246) oppure una menzione della cronaca di Giovanni Codagnello del 1248.[9]

Ciò porterebbe a soffermarsi sul tema dei guelfi e dei ghibellini solo nell’ottica toscana-fiorentina, se non fosse che una tale divisione in fazioni si inserisce nel più ampio problema dello sviluppo delle partes all’interno dei comuni nell’epoca di Federico II[10].

Infatti, tra la fine del XII secolo e la metà del successivo, si formarono, all’interno di quasi tutte le città, due partes che si schieravano da una parte o dall’altra nella contesa tra papato e Impero.

Anche a Firenze nei primi decenni del duecento esistevano le premesse che stavano portando in tutta Italia alla formazione delle parti. Più che nella contesa tra Buondelmonti e Amidei[11] del 1216, il fatto che le fazioni si svilupparono in questa fase è testimoniato dai nomi stessi, che fanno riferimento alla contesa, nella successione a Enrico V, tra la casa di Baviera (Welfen), rappresentata da Ottone IV, e quella di Svevia (originaria del castello di Waiblingen), a cui apparteneva Federico II. A Firenze, le contese locali trovarono una nuova ragione di scontro in questa lotta.

All’interno della città esistevano, come ovunque, una serie di conflitti, che avevano dato luogo a quella che taluni definirono una “guerra civile”, per il controllo del consolato, cioè del comune, tra i gruppi opposti degli Uberti e dei Fifanti[12]. I conflitti privati sfociarono poi nella creazione di vasti e tendenzialmente polarizzati schieramenti, come suggerisce la vicenda di Buondelmonti e Amidei (1216).

Fu l’intervento di Federico II a scatenare la formazione di schieramenti destinati a durare. Quando l’imperatore fu incoronato, nel 1220, il comune di Firenze era impegnato in una disputa con il proprio vescovo attestata sin dal 1218. Inoltre Firenze, alleata con Lucca, anch’essa in vertenza con il vescovo e con il papa, era in guerra per motivi di confine con Pisa (che aveva cercato e ottenuto l’appoggio di Federico II) alleata di Siena e Poggibonsi. Così, quando l’imperatore aveva elargito concessioni ai suoi fedeli, Firenze era stata gravemente penalizzata a differenza di altre città toscane. Ciononostante, nel 1222, l’alleanza fiorentino-lucchese aveva riportato un’importante vittoria a Casteldelbosco.

 

NOTE

[1] Dal latino medievale comitalis, derivato da: comescomitiscomtis, ovvero Conte. Titolo nobiliare che nella gerarchia araldica segue quello di Marchese. Fu un titolo attribuito dall’Impero a pubblici funzionari con svariate funzioni, dalla direzione di importanti uffici centrali dell’Impero al governo delle province. Nel medioevo il comes, nominato direttamente dal re e da lui dipendente, era giudice e supremo tutore dell’ordine. Nel feudalesimo il comes, poi conte, era il signore di una contea. (fonte: enciclopedia Treccani).

[2] Cambiatori: banchieri e uomini che effettuavano i cambi di valute.

[3] Matilde di Toscana, nota anche come la Grancontessa (Mantova marzo 1046 – Bondeno di Roncore, 24 luglio 1115), fu contessa, duchessa, marchesa e vicaria imperiale e vice regina d’Italia. Matilde fu una potente feudataria ed ardente sostenitrice del papato nella lotta per le investiture; personaggio di assoluto primo piano in un’epoca in cui le donne erano considerate di rango inferiore, arrivò a dominare tutti i territori italici a nord dello Stato Pontificio. Sotto il suo comando il Dominio dei Canossa raggiunse la massima estensione. Nel 1076 entrò in possesso di un vasto territorio che comprendeva la Lombardia, l’Emilia, la Romagna e – come duchessa / marchesa – la Toscana, e che aveva il suo centro a Canossa, nell’Appennino reggiano. Fra il 6 e l’11 maggio 1111 fu incoronata con il titolo di Vicaria Imperiale-Vice Regina d’Italia dall’imperatore Enrico V, presso il Castello di Bianello, a Quattro Castella, oggi in provincia di Reggio Emilia. La grancontessa (magna comitissa) Matilde è certamente una delle figure più importanti e interessanti del Medioevo italiano: vissuta in un periodo di continue battaglie, di intrighi e scomuniche, seppe dimostrare una forza straordinaria, sopportando anche grandi dolori e umiliazioni e mostrando un’innata attitudine al comando. La sua fede nella Chiesa di quel tempo le valse l’ammirazione e il profondo amore di tutti i suoi sudditi. (fonte: Wikipedia)

[4] I conti Guidi furono una delle maggiori casate dell’Italia centrale nel corso del Medioevo. Conosciuti come Conti palatini di Toscana, dominarono su gran parte della Toscana, Romagna ed Emilia. Grazie alla loro importanza, ambirono a formare una dinastia regnante stabile in Toscana (favoriti in questo anche dalla protezione di Matilde di Canossa). I castelli principali, da cui presero nome i vari dei Guidi, furono quelli di Poppi, Romena, Porciano nel Casentino in Toscana, di Bagno e Montegranelli nella valle del Savio, di Dovadola e Modigliana nella valle del Montone in Romagna. (fonte: Wikipedia)

[5] Gli Aldobrandeschi furono una nobile famiglia comitale, probabilmente di origine Longobarda, che nel corso del Medioevo dominò vasti feudi nella zona della Maremma e del Monte Amiata, localizzata ai confini tra Toscana e Lazio e della Valdelsa senese. (fonte: Wikipedia ed enciclopedia Treccani)

[6] I Malaspina erano una famiglia marchionale italiana, nota dall’XI secolo. I suoi possedimenti erano presenti nelle alte valli dell’Appennino, nella Lunigiana (oggi provincia di Massa-Carrara), fra il Passo dei Giovi e i valichi della Garfagnana e del Modenese, fondando un vero e proprio organismo politico-territoriale, garantito da una valida rete di fortificazioni. La vicenda familiare dei Malapsina fu a più riprese segnata da una tendenza alla frammentazione che nel 1221 portò alla divisione dei feudi lunigianesi tra Corrado, da cui la linea dello Spino secco e Obizzino, da cui la linea dello Spino fiorito (fonte: enciclopedia Treccani)

[7] Guelfi e ghibellini erano le due fazioni contrapposte nella politica italiana del Basso Medioevo, in particolare dal XII secolo sino alla nascita delle Signorie nel XIV secolo. Le origini dei nomi sembra risalgano alla lotta per la corona imperiale dopo la morte dell’imperatore Enrico V, avvenuta nel 1125, fra le casate bavaresi e sassoni dei Welfen, da cui la parola «guelfo», con quella sveva degli Hohenstaufen, signori del castello di Waiblingen, anticamente Wibeling, da cui la parola «ghibellino».        Successivamente – dato che la casata sveva acquistò la corona imperiale e, con Federico I Hohenstaufen, cercò di consolidare il proprio potere nel Regno d’Italia – in questo ambito politico la lotta passò a designare chi appoggiava l’impero (ghibellini) e chi lo contrastava sostenendo il papato (guelfi). Nei castelli del tempo i merli delle mura erano guelfi se squadrati e ghibellini se a coda di rondine. (fonte: Wikipedia)

[8] Enciclopedia Treccani

[9] Wikipedia -cfr “Guelfi e ghibellini”

[10] Federico II di Svevia o Federico Ruggero di Hohenstaufen (Jesi, 26 dicembre 1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250), è stato re di Sicilia (come Federico I, dal 1198 al 1250), duca di Svevia (come Federico VII, dal 1212 al 1216), Re dei Romani (dal 1212) e poi Imperatore del Sacro Romano Impero (con il nome di Federico II, eletto nel 1211, incoronato dapprima ad Aquisgrana nel 1215 e, successivamente, a Roma dal papa nel 1220) e re di Gerusalemme (dal 1225 per matrimonio, autoincoronatosi nella stessa Gerusalemme nel 1229). Figlio di Costanza d’Altavilla (Hauteville in francese), di stirpe Normanna a sua volta figlia di Ruggero II di Sicilia, e figlio di Enrico IV, a sua volta figlio di Federico Barbarossa). Data l’età di Costanza d’Altavilla, per l’epoca considerata avanzata (aveva 40 anni), nella popolazione vi era un diffuso scetticismo circa la gravidanza di Costanza, perciò fu allestito un baldacchino al centro della piazza di Jesi, dove l’imperatrice partorì pubblicamente, al fine di fugare ogni dubbio sulla nascita dell’erede al trono (Ernst Kantorowicz: Kaiser Friedrich der Zweite – 2 voll., 1927-31; trad. it. 1939). Costanza, che prima del battesimo del figlio lo avrebbe chiamato inizialmente col nome matronimico di Costantino (Norbert Kamp, Friedrich II; curatela con Arnold Esch, Max Niemeyer Verlag, Tübingen 1996), portò il neonato a Foligno, città dove Federico visse i suoi primissimi anni, affidato alla duchessa di Urslingen, moglie del duca di Spoleto Corrado, uomo di fiducia dell’imperatore. Conosciuto con gli appellativi stupor mundi (“meraviglia o stupore del mondo”) o puer Apuliae (“fanciullo di Puglia”), Federico II era dotato di una personalità poliedrica e affascinante che, fin dalla sua epoca, ha polarizzato l’attenzione degli storici e del popolo, producendo anche una lunga serie di miti e leggende popolari, nel bene e nel male. Il carisma di Federico II è stato tale che all’indomani della sua morte, il figlio Manfredi, futuro re di Sicilia, in una lettera indirizzata al fratello Corrado IV citava tali parole: “Il sole del mondo si è addormentato, lui che brillava sui popoli, il sole dei giusti, l’asilo della pace“. (fonte: Wikipedia)

[11] Gli Amidei e i Buondelmonti furono due nobili e cospicue famiglie fiorentine, la cui storica lite è considerata come l’inizio della lotta tra guelfi e ghibellini in Firenze. (fonte: Wikipedia)

[12] Uberti e Fifanti: importanti famiglie fiorentine, poi citate ripetutamente da Dante nella Divina Commedia.