Il pane toscano è “sciocco”, così dicono i toscani del loro pane casalingo. In realtà negli ultimi decenni nei forni e nei supermercati, si sono affiancati anche diversi tipi di pane salato, ma il gusto tradizionale toscano è di mangiare il pane “sciocco” senza sale.
Questa tradizione però si perde allontanandosi da Firenze e dal cuore della Toscana. Già in Versilia e nel Grossetano, come nel sud della provincia di Siena e di Arezzo il pane sciocco si trova ma spesso compete con il pane salto di altre tradizioni limitrofe. Caso a parte è la provincia di Massa e Carrara che solo nel XIV secolo è stata aggregata alla Toscana e le cui tradizioni si mescolano con quelle della pianura padana e del genovese[1] . Anche qui il pane, in genere, è salato.
In compenso il sale “sciocco” o “sciapo” si trova anche in altre zone d’Italia, tra cui l’Umbria, la Tuscia Viterbese, le Marche, il Teramano, la Romagna Toscana ed alcuni comuni dell’Appennino bolognese prossimi al confine con la Toscana.
Le teorie sulle origini di questa tradizione sono molte; certo è che se mangiate un vero prosciutto toscano, molto salato e pepato, il pane deve essere sciocco, oppure dovrete dotarvi di una consistente scorta di acqua per le ore successive.
La tradizione quindi vuole che il pane sia sciocco in contrapposizione ai sapori robusti della cucina Toscana, e per ben accompagnarsi ai salumi molto saporiti.
Per esempio l’utilizzo del pane toscano in alcune tipiche preparazioni della cucina toscana, come la ribollita[2], la pappa al pomodoro[3], la panzanella toscana[4], o la fettunta[5] ben si sposa con piatti ricchi di sapore proprio che un pane salato renderebbe troppo sapidi.
C’è chi fa risalire questa tradizione agli Etruschi, che trafficavano molto nelle merci fra la Tuscia e il sud della penisola (Campania), così come verso il nord verso la pianura padana e l’Adriatico. Il sale era oggetto di commercio, ma non importante, e già allora era diffusa l’abitudine di insaporire le carni e altri alimenti con le erbe aromatiche.
E in quanto detto c’è già una delle teorie sul pane senza sale. La tradizione vuole che in Toscana si faccia un grande uso di spezie e aromi nostrali come il rosmarino, la salvia, il timo (o pepolino come lo chiama il popolo), la santoreggia, il ginepro e l’alloro. A queste si aggiungono l’aglio e la cipolla. Il “sapore” quindi è già fornito dagli aromi delle erbe e male si associa anche al sapore fornito dal sale.
Ma non è solo un conflitto fra sale ed erbe aromatiche, quest’ultime infatti potrebbero essere un ripiego proprio per la mancanza di sale nelle zone interne della regione, questo per opera dei pisani, che nel XII secolo, in conflitto con Firenze interruppero le forniture di sale.
I fiorentini, che non vollero arrendersi, fecero di necessità virtù, iniziando a preparare il pane senza sale. Questa necessità si trasformò in abitudine perché ormai il pane piaceva così, senza sale e non è stata più abbandonata.
Anche il costo del sale ebbe una sua importanza. Infatti nel medioevo il sale aveva un costo molto elevato, anche da qui l’usanza di dire “”questa cosa ha un costo molto salato”. Dato che uno dei maggiori introiti della città di Firenze era rappresentato proprio dalla tassa sul sale, per i fiorentini era diventato un costo eccessivo e quindi questo contribuì a eliminare il sale dalla cucina, partendo proprio dal pane.
Anche il Sommo Poeta nel XVII canto del Paradiso, quando incontra il suo avo Cacciaguida, gli viene fatta d questi una profezia circa il suo esilio ricordandogli “…quanto sa di sale lo pane altrui…”. Questa frase ha un doppio significato nella Commedia dantesca: il primo è quello relativo alla sofferenza di dover chiedere e mangiare il pane di altri, anziché il proprio, ma anche per il fatto che fuori da Firenze il pane è salato.
Tu lascerai ogni cosa diletta
piú caramente; e questo è quello strale
che l’arco dello essilio pria saetta.
Tu proverai sí come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.
Divina Commedia, Paradiso XVII canto,19-20
Dante Alighieri così ricorda come il “suo” pane abbia un sapore diverso, una abitudine che, fin dalla nascita, un fiorentino acquisisce al palato, sentendo la differenza con il “pane altrui”.
Del pane toscano senza sale ne parla anche Pietro Andrea Mattioli[6] nel XVI secolo e, in uno scritto del 1765 di Saverio Manetti[7], dove si riportano notizie circa “… la consuetudine toscana di non usare il sale durante la preparazione di questo particolare tipo di pane, oltre all’uso del lievito naturale, detto in Toscana formento, costituito da pasta inacidita che veniva conservata nella cosiddetta madia in mezzo alla farina”.
Non mancano, inoltre, testimonianze circa la centralità, nell’alimentazione dei mezzadri toscani dell’Ottocento, del pane preparato senza sale. Tale scelta era la naturale conseguenza dell’utilizzo del sale, visto il suo alto prezzo, principalmente per la conservazione della carne di maiale.
Le fatiche dei fornai e il pane toscano sono stati elogiati da numerosi scrittori che, facendo riferimento “all’insipido «filone» toscano” narrandone la bontà e la peculiarità di questo pane sciocco, dalla crosta croccante e dalla mollica morbida ma consistente.
Il pane sciocco è spesso utilizzato anche sotto forma di crostini, ovvero piccole fette o dadi di pane scaldato al forno, arrostito o fritto. I crostini vengono serviti prevalentemente come antipasto, insieme a salumi o pesce, o come accompagnamento a zuppe e a primi piatti.
LA DOP PANE TOSCANO
Con il Regolamento di esecuzione (UE) 2016/303[8] della Commissione Europea, del 1° marzo 2016, “recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Pane Toscano (DOP)]”, il nostro pane ha avuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta – DOP. Successivamente il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha emanato un Disciplinare della denominazione di origine protetta “Pane Toscano”[9].
Il Pane Toscano DOP è tutelato dal Consorzio di tutela del Pane Toscano [10]
Caratteristiche
Da: https://www.panetoscanodop.it/it/il-pane
Il Pane Toscano a Lievitazione Naturale è ottenuto dalla panificazione di farina di frumento tenero toscano, di tipo “0” che durante la macerazione mantiene il germe di grano (ormai scomparso nelle farine comuni), lievito naturale ed acqua. Nell’impasto e nella lievitazione del Pane Toscano Dop, non vengono aggiunti additivi o coadiuvanti tecnologici di varia natura.
Il grano tenero di tipo “0“, essendo coltivato in diversi territori della toscana, presenta caratteristiche qualitative diverse. Miscelando differenti partite di grano è possibile ottenere una materia prima equilibrata con caratteristiche idonee alla panificazione ed il giusto quantitativo di glutine.
Il Pane Toscano DOP ha varie forme che possono essere: rettangolare, rotonda, oppure ovoidale. Il peso solitamente è di 500 gr (anche se oggi giorno le pezzature sono di diverso tipo) e la forma ha uno spessore che va dai 5 ai 10 cm.
La crosta è friabile e croccante di colore dorato, mentre la mollica è morbida, alveolata in maniera non regolare, caratterizzata dal colore bianco e bianco-avorio.
Il profumo primario del Pane Toscano Dop è quello di nocciola tostata e il sapore è sciocco ma non insipido poiché i tipi di grano usati, insieme al lievito madre, gli donano un sapore unico nonostante la mancanza di sale.
Materie prime
Per Pane Toscano a Lievitazione Naturale s’intende il prodotto ottenuto dalla panificazione dei seguenti ingredienti:
– FARINA DI GRANO TENERO TOSCANO DI TIPO”0″
– LIEVITO NATURALE (pasta acida)
– ACQUA
In particolare, questi tre ingredienti devono seguire uno specifico ciclo produttivo.
In primis il frumento usato per la produzione di farina destinata alla panificazione di Pane Toscano deve essere prodotto e molito in Toscana. Ciò significa il ripristino di colture di grano tenero nella regione, contribuendo a salvaguardare sia l’aspetto economico sociale, sia a tutelare il paesaggio ambientale della Toscana.
Pertanto le farine dovranno essere ottenute dalla macinazione di un mix di grani provenienti da varie parti della Toscana, sia cariosside rossa che bianca, per ottenere il massimo della qualità.
Il Mantenimento del Germe di Grano
Durante la macinazione del grano viene effettuato un processo complesso di frantumazione del chicco e successiva setacciatura della farina.
Durante la lavorazione, il germe rimane parte integrante delle farine macinate esclusivamente per la produzione di questo pane (comunemente invece, il germe viene eliminato, privando le farine della vitamina E, essenziale antiossidante ad alto valore nutrizionale).
Lievitazione
Affinché si abbia un buon pane toscano DOP solo con acqua e farina, senza aggiunta di additivi di varia natura, è necessario partire dal lievito naturale o acido.
Il lievito madre si forma da un impasto di farina e acqua, lasciato fermentare per un tempo più o meno lungo e rinfrescato più volte, fino ad avere consistenza e quantità desiderata.
Durante questa fase, avvengono fenomeni fermentativi, che portano alla produzione di alcool e di acidi (lattico, acetico, butirrico) e fenomeni riproduttivi, sia di batteri lattici.
Le proprietà nutrizionali e dietetiche
Il Pane Toscano DOP vanta le seguenti caratteristiche certificate che sono uniche rispetto agli altri tipi di pani:
– elevata qualità nutrizionale
– elevata qualità organolettica;
– facile e prolungata conservazione;
– caratteristiche di tipicità sono facilmente ed univocamente identificabili;
Il pane ottenuto dalla lavorazione con pasta acida è caratterizzato da uno specifico e gradevole aroma apportato da particolari composti, risultanti dalle fermentazioni secondarie tipiche ed esclusive del Lievito Naturale.
I microrganismi che si sviluppano nell’impasto acido durante la fermentazione producono sostanze che caratterizzano il sapore e l’aroma del prodotto e lo rendono più lungamente conservabile.
Il pane così prodotto, mantiene più a lungo quelle caratteristiche di morbidezza ed elasticità che vengono apprezzate dal consumatore.
Da: https://www.panetoscanodop.it/it
Provate il PANE TOSCANO, dopo aver letto questo articolo e cercate di assaporare la storia della nostra regione e i motivi che hanno portato a questa tradizione.
Un consiglio: assaporate il pane toscano con il nostro prosciutto, la nostra ribollita oppure con un po’ di olio extra vergine toscano su di una fetta di pane (fettunta).
Assaggerete un pezzo della nostra storia e della nostra terra.
NOTE
[1] I Malaspina, signori della Lunigiana e della costa fino a Massa, erano di origine longobarda e si fanno discendere da Oberto I, conte di Luni e Marchese della marca di Genova.
[2] La Ribollita è una zuppa tipica dell’area fiorentina e diffusa anche nell’aretino preparata con cavolo nero, fagioli cannellini o zolfini e quanto altro offre l’orto e la dispensa soprattutto nel periodo invernale; quindi cipolle, patate, bietole, sedano, carote, finocchi (fogliame), ecc. Si chiama ribollita perché, con l’aggiunta di pane toscano, viene fatta ribollire più volte prendendo una consistenza più omogenea e fluida. La ribollita si serve sempre con olio di oliva crudo versato sopra il piatto e pepe. Talvolta il pane viene fatto abbrustolire, o viene utilizzato del pane secco, sul quale viene strusciato aglio e posto sul fondo del piatto nel quale si versa la ribollita.
[3] La pappa col pomodoro è un piatto “povero” della cucina toscana, più precisamente fiorentina. L’origine contadina di questo primo piatto è testimoniata dai suoi ingredienti, dove, al pane casalingo toscano (non salato) e raffermo (vecchio e secco), si associano i pomodori e un brodo vegetale. Il sapore viene arricchito con spicchi d’aglio (talvolta cipolla) basilico, olio extravergine di oliva toscano, sale e pepe.
[4] La panzanella, chiamata anche panmolle o pane ‘nzuppo, è un piatto tipico di alcune regioni dell’Italia centrale, dalla Toscana, alle Marche, l’Umbria, il Lazio e l’Abruzzo. Si prepara in genere con pane raffermo, cipolla cruda, olio extra vergine di oliva e sale (talvolta anche aceto di vino rosso).
[5] La fettunta è il nome che viene dato ad una fetta di pane toscano sulla quale viene aggiunto olio extra vergine di oliva toscano. La fetta può essere di pane fresco o abbrustolito, sul quale può essere grattato dell’aglio fresco e aggiunto del sale.
[6] Pietro Andrea Mattioli (Siena, 12 marzo 1501 – Trento, 1578) è stato un umanista, medico e botanico italiano. Famoso soprattutto per i suoi studi botanici e per la traduzione e pubblicazione nel 1544 della “De Materia Medica” di Dioscoride. Nel 1554 fu invece pubblicata la prima edizione latina dei Discorsi di Mattioli, chiamata anche Commentarii, ovvero Petri Andreae Matthioli Medici Senensis Commentarii, in Libros sex Pedacii Dioscoridis Anazarbei, de Materia Medica, Adjectis quàm plurimis plantarum & animalium imaginibus, eodem authore.
[7] Saverio Manetti (Firenze 1723 – Firenze 1785) è stato un medico e botanico italiano. Professore di botanica della Società Botanica Fiorentina, sovrintendente del Giardino dei Semplici di Firenze dal 1749 al 1782.
[8] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32016R0303.
[9] Disciplinare del Pane Toscano DOP: https://www.panetoscanodop.it/media/Disciplinare_Pane_Toscano_DOP.pdf
[10] Consorzio per la Tutela del pane Toscano DOP: https://www.panetoscanodop.it/it.
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