A Firenze, e in altre zone della Toscana, il Rosmarino si chiama anche “Ramerino”. Anche in altre regioni italiane, dove cresce spontaneo, soprattutto vicino al mare, assume varianti come “Rosamarina”, in Campania e Sicilia, “Trisomarino” in Abruzzo, “Sdremmarina” in Umbria, “Zippiri” in Sardegna.

Il Rosmarino (Rosmarinus officinalis L. a) è una pianta della famiglia delle Labiatae (o Lamiaceae) della quale fanno parte numerose piante aromatiche come la Salvia, la Lavanda, il Timo, l’Origano, la Menta, il Basilico, ecc. tutte riconoscibili per avere la sezione del fusto quadrata (costoluta), i fiori e le foglie contrapposti (in genere a due a due) a volte verticillati[1].

Il Rosmarino è una pianta tipica spontanea della macchia mediterranea e più raramente dell’entroterra, ma si è rapidamente diffusa per il suo profumo e per l’aroma che regala soprattutto ai piatti di carne e pesce.

Il Savi, nel suo Trattato degli alberi della Toscana b, scritto agli inizi dell’ottocento in lingua toscana, dice del Rosmarino che è “… uno dei frutici più stimabili che si trovino fra di noi. Sempre verde, quasi tutto l’anno in fiore, odoroso in tutte le sue parti, e di vago aspetto, rallegra i boschi delle nostre Maremme, e le scogliere maritime, ove riscontrasi abbondantemente e spontaneo. Piace il vederlo nei giardini tenuto a boschetto, ed è continuamente adoprato dai distillatori, dalli Speziali, e dai cuochi. Si adatta a tutti i terreni, e basta il metterne un ramo in terra, perché si attacchi”.

Nella Toscana, dove la contrapposizione medioevale con Pisa, privava l’entroterra, per certi periodi del sale, le piante aromatiche, e il Rosmarino in testa, sostituivano il sapore con l’aroma.

Nella cucina povera toscana, il rosmarino, oltre che come aromatizzante delle pietanze, veniva utilizzato per preparare un pane dolce: il pan di ramerino.

La tradizione vuole che il pan di ramerino si preparasse già nel Medioevo durante la Quaresima ed in particolare per il giovedì santo, ma già nel 1900, e forse anche prima, questo dolcetto povero ma gustoso, si trovava dal fornaio tutto l’anno.

Era la merenda di quando andavo a scuola, non tutti i giorni perché sarebbe stato un lusso, nonostante fosse un dolce popolare, ma in alcune occasioni, lo trovavo dentro il sacchetto nella cartella e per me era festa.

Ho sempre adorato il sapore del pan di ramerino, o “panino” come lo chiamavamo amichevolmente fra ragazzi. Quel gusto dolce che si esalta con l’uvetta e contrasta un pò con il rosmarino, che appiccica le mani, ma che ti riempie il palato e la gola.

Oggi è più difficile trovarlo, ma alcuni fornai fiorentini continuano a esporlo nel banco.

 

LA RICETTA

Pan di ramerino

Pan di Ramerino

Ci sono piccole varianti nella ricetta che dipendono un pò dai gusti e un pò dagli ingredienti. Nel Medioevo infatti lo zucchero era una cosa da ricchi e veniva sostituito dal miele, quando si trovava. Il miele serviva anche per rendere lucido il panino, allungandolo con un po’ di acqua e spennellando la superficie. Oggi si può spennellare con un tuorlo d’uovo.

Così come l’odierna uva sultanina era sostituita dall’uva passa usata per fare il vin Santo, il vino passito tipico toscano. Anche il lievito nei secoli ha avuto le sue evoluzioni. Nel Medioevo si usava esclusivamente il lievito madre, mentre oggi si usa il lievito di birra in panetti o quello in polvere per dolci.

 

Ingredienti per 2-3 panini

  • 125 grammi di farina Manitoba
  • 2 grammi di lievito di birra
  • 50 grammi di uva sultanina (uvetta)
  • 25 grammi di zucchero
  • 1 rametto di rosmarino
  • 2 grammi di sale
  • 43 grammi di acqua tiepida
  • 25 ml di olio extra vergine di oliva toscano
  • 1 tuorlo d’uovo per spennellare la superficie del pane alla fine della cottura

 

Preparazione

Scaldare l’olio in padella a fuoco basso con le foglie di rosmarino. Dopo circa 5 minuti, quando il rosmarino inizia a cambiare colore, spengere, far intiepidire e togliere il rosmarino.

Sciogliere il lievito di birra nell’acqua tiepida e versarlo in un contenitore con la farina. Aggiungere l’olio aromatizzato e impastare amalgamando tutti gli ingredienti compresa l’uvetta e qualche foglia di rosmarino tagliata a pezzettini di 2-3 millimetri.

Quando è stata raggiunta una consistenza adeguata, trasferire l’impasto dal contenitore ad una spianatoia di legno e continuare a lavorare l’impasto fino a quando raggiunge una consistenza elastica tipica di una pasta per pane.

Mettere a riposare per una notte l’impasto coperto con un telo o in una insalatiera coperta con la pellicola trasparente.

Al mattino dividere l’impasto di un due/tre parti e metterle sulla carta forno a riposare per un’altra ora.

Spennellare i pani con l’olio, fare una croce con il coltello sulla superficie (meglio se doppia come un diesis o un ashtag #) e mettere in forno preriscaldato a 200° per circa 20 minuti (a 180° se ventilato).

Preparare un tuorlo di un uovo diluito con un po’ di acqua, oppure il miele diluito in acqua (oppure uno sciroppo preparato con 50% di acqua e 50% di zucchero), e spennellare la superficie dei panini quasi cotti, lasciandoli in forno (spento ma caldo) ancora per 5 minuti.

 

Buon appetito!

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

  1. Eugenio Baroni: Guida Botanica d’Italia – Cappelli Editore, Bologna 1969
  2. Gaetano Savi: Trattato degli alberi della Toscana – Libreria Editrice Fiorentina 1997
  3. Fabrizio Baroni: Le ricette della mi’ nonna – Edizioni Polistampa, Firenze 2012
  4. Pellegrino Artusi: La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene – Vallardi Editore 2016

 

 

[1] Verticillo è un termine botanico che fa riferimento all’insieme di elementi di una pianta (tre o più foglie, rami o altri organi) inseriti sullo stesso asse e sullo stesso piano, che spuntano da uno stelo dallo stesso nodo.