Da “Le Gallerie degli Uffizi” – uffizi.it
La passeggiata aerea che unisce gli Uffizi a Palazzo Pitti è un percorso emozionante, che conduce alla scoperta della città da punti di vista sorprendenti e inattesi.
Realizzato da Giorgio Vasari per Cosimo I de’ Medici, il Corridoio corre per circa un chilometro sopra la città e il fiume, entra nei palazzi, accerchia la Torre de’ Mannelli, si affaccia nella Chiesa di Santa Felicita e approda a Pitti e al Giardino di Boboli.
Non esiste nulla di paragonabile in nessuna città della vecchia Europa. Il nuovo allestimento del Corridoio Vasariano (in corso di realizzazione mentre scriviamo – maggio 2021) permetterà a tutti di percorrere questa strepitosa passeggiata affacciata sul cuore di Firenze.
Progettato da Giorgio Vasari (vedi articolo su Giorgio Vasari in toscana.uno)) per consentire ai Granduchi di muoversi in sicurezza dalla loro residenza privata di Palazzo Pitti alla sede del governo in Palazzo Vecchio, questa straordinaria via aerea fu realizzata per iniziativa del Duca Cosimo I de’ Medici nel 1565 in occasione del matrimonio del figlio Francesco con Giovanna d’Austria.
Grazie alla stupefacente organizzazione del cantiere, i lavori per la sua costruzione durarono appena cinque mesi: un percorso di 760 metri dal corridoio di Ponente degli Uffizi, dove inizia, fino all’uscita accanto alla Grotta del Buontalenti nel Giardino di Boboli, dove termina.
Firenze, interno della Chiesa di Santa Felicita, con il terrazzino del Corridoio Vasariano da dove i Medici assistevano alla messa
In questo tratto il Corridoio sorpassa le vie, costeggia l’Arno e lo attraversa, entra nei palazzi, accerchia la Torre de’ Mannelli, si affaccia nella Chiesa di Santa Felicita, in un susseguirsi di affacci sulla città che permetteva agli sguardi dei Duchi di catturarne la bellezza e di esercitarne il controllo.
In età moderna, da quando il complesso è stato musealizzato, il Corridoio ha spesso ospitato dipinti della collezione degli Uffizi. In particolare, dagli anni Settanta del Novecento fino al 2016, ha qui trovato collocazione la corposa collezione di autoritratti delle Gallerie degli Uffizi, avviata nel Seicento dal Cardinale Leopoldo de’ Medici, figlio del Granduca Cosimo II, e da allora aperta ad accogliere i volti dei più grandi artisti di ogni epoca fino ai giorni nostri.
Il progetto del nuovo allestimento adegua la struttura alle normative vigenti in materia di sicurezza, accessibilità e climatizzazione con un’attenzione speciale alle pratiche di risparmio energetico e al ripristino di strutture e spazi storici.
Vengono valorizzate le 73 finestre da cui si può godere la vista del centro storico come faceva il Granduca Cosimo nella seconda metà del Cinquecento.
Lungo il percorso, inoltre, si possono ammirare una selezione di sculture greche e romane e iscrizioni antiche; gli affreschi cinquecenteschi che decoravano originariamente gli esterni del Vasariano; e due importanti sezioni dedicate alla memoria storica del Corridoio e della città: una in ricordo della strage di via dei Georgofili del 1993, con l’esposizione dei dipinti danneggiati dalla deflagrazione, e una, corredata di testimonianze fotografiche originali, sulla devastazione di Firenze durante la Seconda Guerra Mondiale.
Wikipedia ci ricorda anche alcune trasformazioni operate nel tempo.
Il loggiato sul Lungarno degli Archibusieri era originariamente aperto (come ancora oggi si vede), ma già nel 1572 venne ridotto a botteghe, che poi andarono a svilupparsi su sporti dal lato del fiume, con modalità in tutto simili a quelle che mostrano le botteghe del Ponte Vecchio. Furono proprio questi aggetti che, danneggiati a seguito dell’inondazione del 1864, consigliarono di rafforzare muro e spallette, liberando la loggia dai suoi inquilini.
Corridoio Vasariano sul Lungarno degli Archibusieri
Nel 1938 Mussolini fece realizzare delle finestre panoramiche al centro del ponte in occasione della visita ufficiale di Adolf Hitler (maggio di quell’anno) per stringere l’Asse fra Italia e Germania.
Si dice che la vista fu molto gradita al Führer ed ai gerarchi nazisti che poterono goderne, e forse fu la possibile ragione che salvò il ponte dalla distruzione dalle mine poste dall’esercito tedesco in ritirata nell’agosto del 1944 accampati nella parte sud dell’Arno e impedire contatti: alcuni coraggiosi Partigiani Fiorentini, riuscirono però a stabilire un collegamento, stendendo un filo elettrico che univa due telefoni portatili, a differenza della sorte di tutti gli altri ponti cittadini. In particolare, come ricorda una lapide apposta sul ponte nel 2007, la decisione di salvare il ponte fu attribuita al console tedesco a Firenze Gerhard Wolf.
Come immortalato in un episodio del film Paisà di Roberto Rossellini, il passaggio sul Corridoio Vasariano, sul finire della Seconda guerra mondiale, era l’unico punto di attraversamento nord-sud della città.
Il resto del corridoio però fu gravemente danneggiato dalle bombe e fu restaurato, in parte ricostruito ex-novo (come la porzione che scavalca Via de’ Bardi) e restituito alla città nell’aprile del 1973, dopo ventisette anni dalla fine della guerra, causa un cantiere certo complesso ma tuttavia difficile da giustificare per quanto riguarda i tempi (se confrontato ai soli nove mesi che nel Cinquecento consentirono la realizzazione dell’intera opera).
Per esempio il cavalcavia di Via de’ Bardi fu ricostruito sotto la direzione dalla Soprintendenza ai Monumenti e vide la chiusura del cantiere nel 1950: per consentire l’ampliamento della sede stradale si era deciso tuttavia di ampliare la luce dell’arco di quattro metri rispetto alla dimensione originaria. L’impiego nell’opera di malta cementizia a presa rapida comportò l’apparire in breve tempo di crepe che necessitarono di un intervento di consolidamento attuato nel 1971 con la direzione dell’architetto Nello Bemporad.
Attualmente il corridoio dipende dalla Galleria degli Uffizi, che è competente anche per la collezione di autoritratti e per le importanti raccolte di dipinti dei Seicento e Settecento che vi sono esposte. Il corridoio dal 2016 è chiuso alle visite per ragioni riallestimento e adeguamento degli ambienti e riaprirà al grande pubblico probabilmente nel 2021
Descrizione
Il passaggio dall’inizio in Palazzo Vecchio alla fine in Palazzo Pitti misura circa 760 metri.
La matrice tipologica dell’opera è di derivazione romana ed è da mettere in relazione con i ripetuti soggiorni di Vasari a Roma: l’altezza dei piloni e la serrata concatenazione delle arcate a tutto sesto (nel tratto del Lungarno degli Archibusieri) trova in particolare riferimento agli acquedotti antichi, come pure lo trova l’assenza di ordini e la ricercata semplicità, peraltro propria di una architettura decisamente rivolta all’utile e al funzionale, oltre che confacente alla tradizione fiorentina.
“A questa volontaria semplificazione linguistica corrisponde una obbligata povertà dei materiali: i risalti delle fasce orizzontali e verticali sono realizzati in comune laterizio, con le mezzane montate a piccoli aggetti progressivi: la pietra è riservata alle cornici delle finestre, tonde come oculi verso la città, rettangolari verso il fiume.
I materiali sono tutti di reimpiego o reperiti nella piana fiorentina, in un ridotto raggio dal capoluogo, dove vige il feudale sistema delle ‘comandate’, cioè prestazioni d’opera obbligate.
I laterizi, mezzane rotte e arrotate, mezzane campigiane e pianelle, vengono dalle fornaci di Campi, Sesto e Lastra a Signa; i ciottoli, largamente usati nell’apparecchio murario che si innalza sulle botteghe del ponte Vecchio, sono estratti dall’Arno; la pietra serena delle finestre da Fiesole; le pietre e le colonne della loggia del Pesce, costruita lungo il fiume appena sei anni prima e demolita per far posto al Corridoio, sono reimpiegate nel nuovo edificio“[Funis 2011].
Il corridoio ha origine negli appartamenti di Eleonora di Toledo, vicino alla cappella del Bronzino, al secondo piano di Palazzo Vecchio; supera con un cavalcavia Via della Ninna, passa sopra il tetto della chiesa di San Pier Scheraggio e si immette all’ultimo piano della Galleria degli Uffizi.
Il passaggio prosegue internamente al museo, nelle gallerie che originariamente erano un loggiato aperto; giunto nel corridoio di ponente una scalinata scende fin o al livello del cavalcavia sul Lungarno degli Archibusieri. Corre quindi lungo l’Arno, sostenuto da un porticato ad archi sostenuto da robusti pilastri in muratura. Sul piano della strada le diverse campate del portico sono messe in comunicazione tra loro per mezzo di archetti, tanto da costituire una galleria.
Sulla cantonata che guarda al Ponte Vecchio è uno scudo con l’arme ducale medicea di Cosimo I col collare del Toson d’Oro, riproduzione moderna dell’originario distrutto dalle intemperie.
Attraversa l’Arno sopra le botteghe del Ponte Vecchio, con al centro del ponte una serie di grandi finestre panoramiche sull’Arno in direzione del Ponte Santa Trinita, ben diverse dai piccoli e discreti oblò rinascimentali: si tratta delle aperture create nel 1938 per la visita di Adolf Hitler a Firenze.
Il Corridoio poi scarta la Torre dei Mannelli[1] con un aggetto su beccatelli, scavalca con un arco Via de’ Bardi e passa sopra il loggiato della facciata di Santa Felicita[2] e con un balcone, protetto dagli sguardi da una pesante cancellata, si affaccia direttamente dentro la chiesa, per far sì che i componenti della famiglia granducale potessero assistere alla messa senza scendere tra il popolo.
Lungo Via Guicciardini passa dietro ai palazzi e lungo l’orto dei Guicciardini, infine ed approda nel Giardino di Boboli presso la Grotta del Buontalenti ed entra in Palazzo Pitti in corrispondenza dell’attuale Teatro del Rondò di Bacco[3].
Per informazioni e visite: https://www.uffizi.it/
NOTE
[1] La Torre dei Mannelli si trova in cima al Ponte Vecchio e vi si accede da Via de’ Bardi 84r a Firenze. Questa torre è l’unica superstite dei quattro “capi di ponte”, cioè le torri che controllavano un ponte ai quattro angoli. È famosa per il contenzioso tra la famiglia Mannelli e Cosimo I, quando venne deliberata la costruzione del Corridoio Vasariano (1564-1565), che avrebbe previsto l’abbattimento della torre o comunque il suo drastico ridimensionamento. La famiglia riuscì a opporsi fermamente e Giorgio Vasari dovette modificare il suo progetto facendo passare il corridoio attorno alla torre, attraverso un sistema di beccatelli in pietra serena, che ancora oggi rappresentano uno gli elementi più caratteristici di questo scorcio di Firenze.
[2] La chiesa di Santa Felìcita si trova nel quartiere di Oltrarno, tra il Ponte Vecchio e Palazzo Pitti, in Piazza Santa Felicita, lungo Via de’ Guicciardini. Come fondazione si tratta di una delle più antiche chiese della città, risalendo addirittura all’epoca romana, quando sorse nel luogo di un oratorio di pianta basilicale posto presso il cimitero paleocristiano. I resti delle sue tombe “alla cappuccina” sono ancora visibili sotto il pavimento della chiesa attuale. La quota così bassa, dovuta al restringimento artificiale dell’alveo dell’Arno, fa dire ad alcuni che si tratta di antiche catacombe cristiane. Dello stesso cimitero la chiesa conserva alcune lapidi scritte, perlopiù, in greco: già nel II secolo infatti nella zona risiedevano alcuni mercanti siriani che portarono il culto cristiano in città. L’aspetto odierno risale infatti al XVIII secolo quando l’architetto Ferdinando Ruggieri la ristrutturò completamente. Seguendo un progetto di modernizzazione avviato dalla Controriforma, nel 1735 le monache proprietarie della chiesa diedero inizio alla ricostruzione che risparmiò solo le due simmetriche cappelle Barbadori–Capponi e Canigiani, in controfacciata, ed il coro seicentesco. Il Ruggieri si ispirò a modelli tardo-cinquecenteschi, nella ricerca di un chiaro ritmo classico nell’unica navata.
[3] I due “rondò” del palazzo sono le due ali laterali aggiunte su iniziativa del Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, “abbracciando” piazza Pitti. Il rondò di sinistra è detto “Rondò di Bacco“, dal nome della fontana del Nano Morgante (detto “Bacchino“) nel vicino ingresso del Giardino di Boboli, nei pressi dell’uscita del Corridoio Vasariano. Fu creato dall’architetto Niccolò Gaspero Maria Paoletti tra il 1783 e il 1799 e fu la seconda ala ad essere aggiunta dopo il rondò di Porta Romana (a destra), opera di Giuseppe Ruggieri del 1765.
Si tratta di una sala lunga e stretta, con un centinaio di posti. Appartiene alla soprintendenza ed oggi, sebbene a norma, è difficilmente usato per spettacoli, mentre è più frequente l’utilizzo per presentazioni di iniziative della soprintendenza e piccoli convegni.
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