Il maestro della pittura toscana dell’ottocento

In una terra ridente, bagnata dall’azzurro Tirreno; nella buona Livorno, vide la luce il Fattori” così esordisce Anna Franchi nel suo libro (cfr. bibliografia n.2) parlando di Giovanni Fattori.

L’artista nacque infatti a Livorno il 6 settembre 1825 (Anna Franchi però scrive che era nato il 25 settembre del 1928 e sembra che anche lui dichiarò la stessa data altre volte per sembrare più giovane) e “nel 1848 era un giovanetto ardente, caldo di amor patrio, ricco soltanto di sana energia, di un immenso amore per l’arte, quantunque meno conoscesse in qual modo sarebbe divenuto artista. Non ricco, non nobile; figlio di buoni borghesi, Egli lo dice, quasi con orgoglio, e del resto non ha torto, la mancanza di denaro è uno stimolo maggiore al lavoro.” (bibl. n.2)

 

Giovanni Fattori: autoritratto (1854)

Giovanni Fattori: autoritratto (1854) -Firenze, Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Pitti

 

Allievo prima di Giuseppe Baldini (Livorno 1807-1876) e poi, quando si trasferisce a Firenze nel 1846, di Giuseppe Bezzuoli (Firenze 1784 – 1855), quindi all’Accademia di Belle Arti (1847-1851), dove insegnerà pittura dal 1869.

Da studente inizia a frequentare il Caffè Michelangelo che sarà la vera fucina teorica, ispiratrice, artistica, risorgimentale e goliardica dei Macchiaioli.

Come molti altri artisti del movimento che frequentava il Caffè Michelangelo, partecipa ai moti risorgimentali facendo il fattorino della stampa clandestina a Firenze per il partito d’azione a favore dell’unità d’Italia.

Se nella prima maniera, specie nei ritratti, risente ancora degli insegnamenti dei suoi maestri, in seguito egli accoglie novità della riforma macchiaiola. La sua arte ha profonde radici nella antica pittura toscana, nel senso della chiarezza, della quadratura, del ritmo.

La sua macchia è larga ma contenuta e costruisce di forma. Il suo disegno è secco ed incisivo (fu anche un incisore notevolissimo).

I moti e le guerre di indipendenza influenzeranno la sua pittura con numerosi soggetti dedicati alle battaglie, ai militari e ai cavalli, prima di dedicarsi con maggiore passione alla pittura all’aperto di paesaggi tipici della costa e della Maremma.

Nei suoi dipinti “militari” prevalgono, i cavalli e i soldati, in battaglia, a riposo, spesso dipinti di spalle, lungo dei pallidi muri, ma in questi non si rivela il miglior Fattori, né il più sincero. La semplicità e la rude poesia dell’artista rivivono piuttosto nelle visioni campestri, ove ama ritrarre figure di cavalli, di bovi, di muli nella desolata malinconia della Maremma toscana, (cfr. bibliografia n.7) gialli covoni di fieno o tamerici piegate dal libeccio lungo i litorali livornesi.

 

Giovanni Fattori: La libecciata

Giovanni Fattori: La libecciata – 1875 circa (cm 40 x 104) – Firenze, Palazzo Pitti, Galleria d’Arte Moderna,

 

Pur continuando a vivere a Firenze, torna spesso a Livorno e soprattutto è ospite di Diego Martelli nella sua villa di Castiglioncello, dove troverà numerose ispirazioni per dipinti all’aperto di martelli stesso, della moglie e dello splendido litorale.

Fra i suoi dipinti “classici” ricordiamo: Scena medicea (1859), Maria Stuarda al campo di Crookstone (1861 ca), Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta e un Carica di cavalleria a Montebello (1862), Un episodio della battaglia di San Martino (1868), I figli di Edoardo IV divisi dalla madre e Ildegonda.

 Nel luglio del 1860 sposò Settimia Vannucci e andò a vivere in via del Maglio a Firenze.

Durante questi primi anni di matrimonio non interruppe gli studi all’aperto come attestano opere quali Contadina nel bosco, le Acquaiole livornesi e le Macchiaiole.

 

Giovanni Fattori: Contadina nel bosco

Giovanni Fattori: Contadina nel bosco (1861 ca – olio su tela cm 78 x 57) Collezione privata, Montecatini

 

Nel 1864 lavorò a ritratti di familiari e amici come il ritratto de La Cugina Argia, il Ritratto della cognata, della Ritratto della prima moglie e della Signora Mecatti.

Negli anni dei suoi frequenti ritorni a Livorno dipinge La punta del Romito, e La rotonda Palmieri.

 

Giovanni Fattori: La rotonda dei bagni Palmieri

Giovanni Fattori: La rotonda dei bagni Palmieri (1866 – cm 12×35) – Firenze, Galleria d’arte moderna

 

Nel 1867 morì la moglie e poco dopo fu ospite, per la prima volta, di Diego Martelli a Castiglioncello. Sono di quegli anni anche buoi bianchi al carro, cavalli bradi in pastura e contadini, riproposti in molteplici varianti.

 

Fattori, Ritratto di Diego Martelli a Castiglioncello

Fattori, Ritratto di Diego Martelli a Castiglioncello (cm 13 x 20 – Milano, Collezione Jucker)

 

“Egli dipinge dei cavalli, degli animali perché li sente, così senza quasi saperlo.

  • Maestro voi dovete aver molto studiato la vita degli animali. Voi avete sentito, indovinato i loro sentimenti – gli chiesi un giorno, scusandomi per la troppo segantiniana espressione.
  • – Io? Ma nemmeno l’anatomia delle bestie, ho studiato.

Eppure nulla di più perfetto del movimento dei suoi cavalli che corrono alla battaglia, nulla di più vero di quelle alterezze dei nobili animali, rese con una verità sorprendente.

Qualche volta, quella stessa ingenuità sua, si rivela in queste sue manifestazioni, e si comprende chiaramente come Egli dipingendo non sapeva forse nemmeno ciò che volesse rendere; certo obbediva ad un impulso.”

Appunto a questo proposito, un amico gli chiese una volta:

  • Dimmi Fattori, ma questi cavalli, questi soldati, che cosa fanno?
  • So un corno che cosa fanno! Lasciali stare, qualcosa faranno!
  • (da Anna Franchi, Arte e artisti toscani dal 1850 ad oggi)
Giovanni Fattori, In vedetta

Giovanni Fattori, In vedetta (1870 ca – cm 37 x 56) – Collezione privata

Si considerava egli stesso piuttosto un pittore di persone anziché di paesaggi: tuttavia queste figure erano generalmente poste in paesaggi fantastici e illusori che dimostrano la sua padronanza del colore sotto l’influenza della luce e delle ombre.

Negli ultimi anni Fattori si dedicò sempre di più alle acqueforti e la sua attività è stata intensa anche ad età molto avanzata, dimostrata anche dalle numerose opere esposte con regolarità a rassegne d’arte italiane e straniere.

È noto, nel 1991, un diverbio con alcuni suoi allievi che apprezzavano la tecnica pittorica del divisionismo, anche se proprio lui fu uno dei punti di riferimento per quei pittori che sperimentarono proprio questa nuova tecnica pittorica.

Suoi lavori sono conservati, oltre che al Museo civico Giovanni Fattori di Livorno, anche alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma; alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, alla Pinacoteca di Brera di Milano, alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze, alla Pinacoteca Civica di Forlì, negli Stati Uniti, al Museum of Fine Arts di Boston.

A Livorno è stato dedicato al Fattori il museo civico di Villa Mimbelli, dove sono ospitate importanti raccolte di opere dei Macchiaioli e dei post-macchiaioli.

Anche per il più famoso dei Macchiaioli, l’arte non rendeva economicamente benestanti.

Si racconta di uno dei suoi quadri, “Il quadrato di Villafranca”, episodio della battaglia di Custoza della terza guerra di indipendenza del 1866, al quale lavorò a lungo (almeno quattro anni), sia per le dimensioni che per la complessità del soggetto, che fu oggetto di una visita speciale del Re Umberto I, che a quella battaglia aveva partecipato.

 

Giovanni Fattori: Il quadrato di Villafranca - Firenze, Galleria d'arte moderna

Giovanni Fattori: Il quadrato di Villafranca – Firenze, Galleria d’arte moderna

 

Fattori descrive l’incontro in una lettera:

“Quando arrivò ero sulla porta da solo, – scena, mi venne incontro dicendo:

– Lei è il signor Fattori? – […] vede il quadro: si volta (strette di mano si sa …) e dice:

‘Ci ha poetizzati”.

‘Non credo’ – rispondo io.

Mi domanda se fui sulla località: dico di sì (ma l’ho veduta in sogno).

A ciò che disse, somiglia lo stradone, ma più gelsi e più fitti: – il riquadro era addossato a una casa.

L’artiglieria sulla strada e dopo, morti di qua, morti di là, feriti, ulani ubriachi che si slanciavano sulla punta della baionetta, tanto vicini che erano a portata della sua sciabola… perfino lui pare che desse un colpettino; tanti morti e cavalli feriti che in un punto erano alti un metro…

Gli dico io: ‘Durò tanto il combattimento?’

– “No (dice lui) mezz’ora…”.

Si trattenne tra osservare e ciarlare una mezz’ora buona; dopo si rallegrò, strette di mano, si sa, e su da Ussi tutti”.

Stupito degli inchini e delle cerimonie che non capiva, con il suo spirito schivo (e repubblicano nel profondo), Fattori concluse con la lettera: “Dopo tutto è una buona e brava e simpatica persona”.

Il pittore livornese e con lui Martelli, grande critico e sostenitore dei macchiaioli, dopo la visita si erano convinti che il quadro, una volta terminato, sarebbe stato acquistato dalla famiglia reale e dallo Stato, ma ebbero invece varie e cocenti delusioni.

Così quando l’immensa opera, nel 1880, tornò invenduta dall’Esposizione di Torino, Martelli scrisse: “Il quadrato di Custoza” è stato tanto tempo e denaro buttato via, […] ma intanto la miseria cresce […]”.

 

Giovanni Fattori: cavalli al pascolo

Giovanni Fattori: Cavalli al pascolo (1872 ca – olio su tela cm 88 x 176) Istituto Matteucci, Viareggio LU

 

Ancora nel 1896 Fattori ricordava in una lettera: “Ricordi quando fu ministro Baccelli, credo 1884 o ’85. Faceva il quadrato di Custoza – il Baccelli mi scrisse una lettera ministeriale p. farne l’acquisto […] Mi presentai – fu come niente – p. mezzo del Biffoli fui presentato a Baccelli — la conclusione fu che negò la sua lettera e il quadro non poteva comprarlo […]”.

In realtà grazie all’appoggio del ministro della Pubblica istruzione, il fiorentino Fernando Martini, all’Esposizione Internazionale di Roma del 1883 il dipinto venne finalmente acquisito dallo Stato per novemila lire.

Quella vendita non fu però un vero successo economico, né un grande riconoscimento per Fattori se si pensa che, in quella stessa occasione, lo Stato acquistò “Il voto” di Michetti per ben settantacinquemila lire.

(cfr. bibliografia n.15)

 

Nella vita di Fattori, dopo la moglie Settimia, morta dopo solo sette anni di matrimonio nel 1867, c’è spazio per numerosi altri amori. Nel 1869 incontra Amalia Nollemberg, una ragazza ungherese che in Italia lavora come bambinaia. S’innamora di questa donna, molto più giovane di lui, e vive una passione travolgente. La storia però non dura molto, perché Fattori – dopo numerose critiche – decide di chiudere la relazione.

Nel 1885 conosce una vedova, Marianna Bigazzi, e poco dopo la sposa. Questo matrimonio durerà più a lungo del primo, infatti la moglie morirà nel 1903. Ma Giovanni Fattori non si ferma e nel 1907, a 72 anni, in terze nozze, sposa Fanny Martinelli.

 

Giovanni Fattori, Ritratto della terza moglie

Giovanni Fattori, Ritratto della terza moglie

 

Purtroppo l’anno successivo fu un anno fatale per i due sposi che moriranno a pochi mesi di distanza l’uno dall’altra. Giovanni Fattori infatti morì a Firenze il 30 agosto del 1908, assistito dall’allievo Giovanni Malesci che aveva nominato suo erede universale.

 

a cura di: Claudio Del Lungo

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

  1. DIEGO MARTELLI e I MACCHIAIOLI – prefazione di Mario Dini – Biblioteca Marucelliana di Firenze 1976
  2. ARTE E ARTISTI TOSCANI DAL 1850 AD OGGI, Anna Franchi – Fratelli Alinari Editori, Firenze 1902
  3. I DISEGNI DELLA COLLEZIONE DIEGO MARTELLI – Artificio Edizioni, Firenze 1997
  4. SILVESTRO LEGA, Mario Tinti – Istituto Nazionale L.U.C.E., Roma 1931
  5. I MACCHIAIOLI, Raffaele De Grada – Fratelli Fabbri Editori, Milano 1967
  6. L’OTTOCENTO: Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno – Pacini Editore Livorno, 1999
  7. STORIA DELL’ARTE ITALIANA, Vol. II – G. Edoardo Mottini – Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1935
  8. LE MUTAZIONI DELLA “MACCHIA” – Raffaele Monti – Ed. Cassa di Risparmio di Firenze, 1985
  9. DAI MACCHIAIOLI AGLI IMPRESSIONISTI, l’opera critica di Diego Martelli – Artificio Edizioni, Firenze 1996
  10. GLI ALINARI FOTOGRAFI A FIRENZE 1852-1920 – Fratelli Alinari Editrice, Firenze 1985
  11. I MACCHIAIOLI – a cura di Simona Bartolena – Skira Editore, Milano 2018
  12. FIRENZE CAPITALE (1865-1870), dagli appunti di un ex cronista, Ugo Pesci – Ed. Bemporad & Figlio, Firenze 1904
  13. 1001 DIPINTI DA VEDERE PRIMA DI MORIRE, Stephen Farthing – Ed. Atlante, Bologna 2007
  14. IL SECOLO LUNGO DELLA MODERNITÀ, L’Ottocento così non si era mai visto – Philippe Daverio – Rizzoli Editore Milano 2013
  15. LA RAFFIGURAZIONE DELLA STORIA NELLA PITTURA ITALIANA – a cura di Pierluigi De Vecchi e Graziano Alfredo Vergani – Unicredit Banca d’Impresa, 2004