Castelfranco di Sopra e Pian di Scò erano due comuni della provincia di Arezzo che si sono uniti in un unico comune il 1° gennaio 2014.
Castelfranco Piandiscò è oggi un comune della provincia di Arezzo (AR) con 9.936_ abitanti al 1° gennaio 2020 e si estende su di una superficie di 3.760,09 ettari equivalenti a 37,6 Km2. La densità media della popolazione è di 264,25 abitanti per Km2 (la densità media della Toscana è di 161,95 ab/km2, mentre la densità media dell’Italia è di 199,44 ab/km2 – fonte: ISTAT).
Il capoluogo, Castelfranco, si trova a circa 280 metri sul livello del mare e dista 46 km dal capoluogo di provincia (circa 42 minuti di auto) e a 49 km da Firenze (circa 55 minuti di auto).
Il territorio comunale confina a Nord con il comune di Reggello (FI) e Castel San Niccolò (AR), a Est con il comune di Loro Ciuffenna (AR), a Sud con i comuni di Terranuova Bracciolini (AR) e San Giovanni Valdarno (AR), a Ovest con il comune di Figline Valdarno, oggi Figline e Incisa Valdarno (FI).
Il patrono del comune è San Filippo Neri e viene festeggiato il 26 maggio.
La storia
(dal portale ufficiale del Comune di Castelfranco Piandiscò: https://www.castelfrancopiandisco.it/la-nostra-storia/)
La Frazione di Pian di Scò è un esempio di incontaminato paesaggio toscano, spazia dai boschi di faggi alle colline terrazzate da ulivi, agli ordinati vitigni. Caratteristica paesaggistica unica è la presenza nella frazione Faella di calanchi o balze, dai tipici riflessi rossastri, fenomeni erosivi dei Pliocene che hanno fatto affiorare resti fossili.
L’origine del nome Pian di Scò è controversa: secondo alcuni deriverebbe da Pian di Resco (dal nome del torrente che scorre vicino al Paese), secondo altri da Aesculus (quercia sacra a Giove).
La storia di Pian di Scò coincide fino al 1800 con quella della Pieve Romanica di Santa María a Scò, che fu costruita sull’antica strada romana Cassia Vetus (attualmente strada provinciale dei Sette Ponti), intorno all’anno mille. Sotto la Signoria di Firenze la pievania di Santa Maria a Scò, che comprendeva tredici chiese e i monasteri di Gastra e Castelfranco di Sopra per contrastare la potenza degli Ubertini e dei Pazzi nel Valdarno, Pian di Scò entrò a far parte della lega di Castelfranco.
Con la soppressione delle leghe del contado da parte del granduca Pietro Leopoldo nel 1774, entrò nella Comunità di Castelfranco, anche se mantenne documenti civili e religiosi separati solo nel XIX secolo, a seguito di un riordinamento amministrativo della nostra Regione per l’occupazione napoleonica, che gli abitanti di Pian di Scò videro esaudito un loro antico desiderio ed ottennero la propria autonomia dal vicino Comune di Castelfranco.
Così l’antico borgo medievale, vissuto e sviluppatosi intorno alla Pieve, divenne nel 1809 la Comunità di Pian di Scò, che ebbe pertanto un suo capo o Maire (quale esso si chiamò allora nella lingua dei francesi), ed un proprio consiglio municipale, formato dai proprietari e contadini del luogo. Essa poté realizzare, inoltre, fra le altre iniziative nel 1963, anche la strada della Castagneta tramite la quale il nuovo Comune veniva direttamente unito al fondovalle, dove nello stesso anno era attivato il tratto di ferrovia Arezzo – Incisa.
Anche gli uffici amministrativi, necessari alla recente autonoma collettività, dopo alcune provvisorie sistemazioni, trovarono la loro sede definitiva nell’odierno Palazzo Comunale, eretto nel 1873 su disegno dell’architetto Emilio De Fabris, lo stesso che, in questi anni, aggiunse al duomo fiorentino l’attuale facciata. Anche l’insegnamento scolastico non fu trascurato.
Già nel 1812 nei locali della plebania fu istituito dal Vescovo di Fiesole un seminario minorile di zona e presso di esso studiarono molti giovani. A questo unico, isolato centro di formazione culturale e religiosa seguì, nel 1866, la costruzione della prima scuola elementare del Capoluogo che rientrò nei piani del Nuovo Stato Italiano per alfabetizzare il territorio, come era previsto nell’apposita legge del ministro Casati (1859-1860). Con questa prima scuola dell’obbligo, iniziò pertanto un interrotto e sempre più ampio processo istruttivo della popolazione locale e che oggi continua in funzionali ed ampi edifici di recente costruzione, dove hanno sede tutti i servizi scolastici (scuola materna, elementare e media) sia nel Capoluogo che nella Frazione Faella.
Faella località del Valdarno Superiore è posta alla destra dell’Arno. Attraversata interamente dal torrente Faella dal quale prende nome. In origine due erano i paesi che prendevano nome dal torrente: Faella (la parte bassa vicino al fiume omonimo) e Favilla (la parte alta che si spingeva verso il torrente Resco). Si può ancora leggere nei Decimari Vaticani dei due paesi, anche se confinanti e continui. Ogni paese aveva la sua chiesa: S. Maria a Faella e S. Michele a Favilla.
Santa Maria a Faella era nell’antichità una semplice curanzia, aveva cioè un curato alle dipendenze dei Pievano di Scò, ma con l’aumento della popolazione Mons. Lorenzo della Robbia la elevò nel 1637 a Prioria, ma nel 1899 prese il titolo di Propositura, vista l’importanza assunta dal Borgo.
Per quanto riguarda S. Michele era una chiesa di modeste proporzioni, situata in alto su un terreno soggetto a continuo franamento. Per ragioni di staticità fu soppressa dal Vescovo Tedice nel 1311. La chiesa divenne Oratorio e la comunità di Favilla fu riunita a quella di Faella.
Civilmente però erano ancora due paesi separati come si può rilevare dagli Statuti Fiorentini dei 1355 e dei 1415 poi con il passare del tempo Favilla perse la sua importanza, e divenne parte integrante di Faella.
Il Borgo di Faella nel medioevo faceva parte del contado fiorentino e come tale era quindi soggetto a Firenze, al suo Comune e alla sua Signoria; aveva il suo castello, situato sull’Appennino del Pratomagno, con il suo feudatario.
Del castello non rimane più nulla perché crollò con lo smottamento del terreno friabile.
Come tutti i popoli anche quelli di Faella e Favilla non sopportavano i soprusi e le prepotenze dei feudatari, quindi insorsero e formarono il loro libero comune medioevale.
Durante la seconda guerra mondiale, Faella fu completamente distrutta, ridotta a un cumulo di macerie, l’esercito tedesco fece saltare in aria palazzi, strade e ponti, per rallentare la marcia degli eserciti alleati. In questo frangente gran parte del patrimonio artistico del paese andò distrutto come ad esempio il palazzo della Famiglia Antonielli e quello dei Patriarca Altoviti.
La chiesa con il suo campanile fu l’unica a rimanere in piedi anche se seriamente danneggiata. Ma il popolo di Faella non si scoraggiò, e dopo la catastrofe si rimboccò le maniche e ricostruì tutto ciò che era andato perso. Il Borgo tornò a nuova vita, e iniziò il suo cammino fino a diventare l’unica importante frazione di Pian di Scò.
La frazione di Castelfranco di Sopra è situato nel versante Valdarnese del Pratomagno a m.281 s.l.m. Fu fondato alla fine del XIII° secolo in un luogo strategico per il controllo del transito commerciale e per il dominio militare della zona. Infatti in questa “terra nuova” vennero stanziate le truppe che la Repubblica Fiorentina usò contro i nobili locali.
La sua pianta, attribuibile ad Arnolfo di Cambio, è quadrangolare con la piazza centrale e le vie diritte e parallele. Le mura vennero costruite con porte-torri al termine delle due strade principali e una serie di torri a intervalli regolari lungo il perimetro.
Nel corso dei secoli Castelfranco non ha subito grossi cambiamenti entro le mura (che si vedono intatte solo per un breve tratto) cosicché ben poco è andato perduto del patrimonio artistico e del fascino paesaggistico.
È questo un luogo dove l’arte si armonizza con la dolcezza delle colline, con il colore degli oliveti e le forme fantastiche delle Balze.
A pochi passi da Arezzo, Siena e Firenze, un mondo di arte, storia e tradizioni per un viaggiatore attento, curioso e senza fretta.
Fonte: https://www.castelfrancopiandisco.it/la-nostra-storia/
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