«IL TUO UNICO DOVERE È SALVARE I TUOI SOGNI»

Amedeo Modigliani

 

L’immagine che ricaviamo studiando dalla biografia di Amedeo Modigliani è quella di un giovane errabondo, irrequieto, bohémien, sempre alla ricerca di emozioni. Affascinato dai salotti letterari, dagli artisti e dal fascino di donne letterate o pittrici. Un artista “affamato” di arte.

Amedeo (Clemente) Modigliani nasce a Livorno il 12 luglio 1884, quartogenito dopo i fratelli Giuseppe Emanuele (1872-1947), Margherita (1874-1950) e Umberto (1878-1943), di una famiglia ebraica originaria di Roma.

Quando nasce Amedeo, il padre, Flaminio (1840-1928) ha da poco fatto fallimento con la sua attività legata ad alcune aziende agricole e minerarie in Sardegna. Le difficoltà economiche sono tali che, al momento della nascita di Amedeo si trova in casa l’esecutore giudiziario per sequestrare i beni della famiglia compresi i mobili e i quadri attaccati alle pareti. Una legge dell’epoca però impediva di toccare le partorienti, quindi la famiglia Modigliani accatastò sul letto tutti gli oggetti di valore per impedirne il sequestro.

La madre, Eugenia Garsin (1855-1927), nata a Marsiglia, ma di origini livornesi, mette così al mondo il suo quarto figlio in questo contesto di grave povertà, quasi come un presagio per il figlio che dovrà trascorrere tutta la sua breve vita senza soldi barattando disegni per un bicchiere di vino o un pezzo di pane.

Amedeo probabilmente diventa il figlio prediletto della madre, donna colta e intelligente, la quale, grazie ai guadagni di una scuola materna ed elementare da lei fondata, dalle lezioni private e dalla attività di traduttrice e critica letteraria, riesce a farsi carico di tutta la famiglia, compresa l’istruzione dei figli.

Nel 1894, quando Amedeo ha circa 10 anni, la madre annota sul suo diario “Le sue maniere sono quelle di un bambino viziato che non manca di intelligenza, vedremo poi cosa c’è in questa crisalide”.

Nell’Agosto del 1898 Amedeo si ammala di tifo e una volta guarito lascia il ginnasio per dedicarsi alla pittura. Il suo primo maestro è il pittore livornese Guglielmo Micheli, che era stato l’allievo prediletto di Giovanni Fattori (Livorno 1825 – Firenze 1908), esponente più noto dei Macchiaioli. Questo influenza il suo primo periodo pittorico e, come i Macchiaioli, Amedeo si aggira per la campagna livornese, con tavolozza e colori a tracolla, alla ricerca di quieti angoli da ritrarre dal vero. Ma, guardando i contadini intenti alle loro faccende e i bovi all’aratro, Modigliani sente crescere dentro di sé una irrequietezza sempre più forte. Quel mondo provinciale è troppo stretto per la sua curiosità e fame di conoscenza.

Due anni dopo (1900) lascia la scuola di Micheli e continua a studiare privatamente. Accompagna il padre in Sardegna dove dipinge il ritratto di Norma Medea Taci. Frequenta uno studio a Livorno con alcuni compagni tra i quali Oscar Ghiglia e Gastone Razzaguta nel quale, secondo la sorella Margherita, Amedeo, contrae la tubercolosi. Sarà questa la prima manifestazione di quella malattia che lo accompagnerà per venti anni e lo condannerà ad una prematura scomparsa.

L’anno successivo parte con la madre per il golfo di Napoli dove, insieme alle cure contro la tubercolosi, studia l’antichità classica. Tornato a Firenze si iscrive alla scuola di nudo di Giovanni Fattori e studia il Rinascimento fiorentino.

Amedeo Modigliani

Nel 1903, a 19 anni, si trasferisce a Venezia dove frequenta la Scuola delle Belle Arti e risiede in Campo San Barnaba, nel sestiere di Dorsoduro. Sperimenta la vita dei quartieri più poveri della città, dove consuma alcool e hashish, ma anche il Caffè Florian dove fa la conoscenza con il pittore Umberto Boccioni (1882-1916) e lo scrittore incisore Fabio Mauroner (1884-1948).

Nel 1905 muore lo zio Amedeo Garsin che lascerà a Modigliani una piccola eredità che lui utilizzerà l’anno successivo per trasferirsi a Parigi prendendo in affitto uno studio in rue Caulaincourt, a Montmartre.

Frequenta i locali degli artisti di Parigi e conosce Diego Rivera (Guanajuato 1886 – Città del Messico 1957), Maurice Utrillo (Maurice Utrillo i Morlius, nato Maurice Valadon, Parigi 1883 – Dax 1955), Jean Cocteau (Jean Maurice Eugène Clément Cocteau, Maisons-Laffitte 1889 – Milly-la-Forêt 1963), Moïse Kisling (Cracovia 1891 – Sanary-sur-Mer 1953) e Pablo Picasso (Malaga 1881 – Mougins 1973).

Nel 1908 espone, per la prima volta, sei dipinti, fra i quali L’ebrea, al Salon des Indépendants, ripetendosi nel 1910 sempre con sei opere, fra le quali La mendicante, Il suonatore di violoncello e Il mendicante di Livorno.

Dopo una lite con alcuni artisti, Modigliani nel 1909 si trasferirà a Montparnasse che diventerà il nuovo cuore artistico di Parigi, abbandonando l’era di Montmarte e la sua tradizione impressionista.

Qui conosce Chaïm Soutine (Smilovič, Minsk-Bielorussia 1894 – Parigi 1943), Marc Chagall (nome ebraico Moishe Segal e quello bielorusso di Mark Zacharovič Šagal, Lëzna-Bielorussia 1887 – Saint-Paul-de-Vence, Francia, 1985) e Henri de Toulouse-Lautrec (Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Montfa, Albi 1864 – Saint-André-du-Bois 1901).

A Montparnasse si svilupperà la cosiddetta Scuola di Parigi che avrà il suo apice negli anni Venti grazie all’influenza di molti artisti come Picasso, Matisse, Soutine, Chagall, Kisling, Van Dongen e Valminck.

In questa “Scuola” Modigliani si muoverà fra due versanti, quello espressionista e quello emergenti del cubismo. In questo crogiuolo di artisti Modigliani fu, molto probabilmente, l’artista che costruì quel clima.

In primo luogo, egli fu il campione di un mondo bruciante di intendere la vita e di portarla a coincidere con l’arte sulle orme degli inferni rimbaudiani; in secondo luogo, egli rappresenta una nostalgia che da un lato appartiene al linguaggio nella sua specificità, ma da un altro lato scaturisce dal sentimento di un io esiliato dal proprio baricentro, costretto al brivido del naufragio, in quella Parigi di esuli disponibili al delirio dei sensi e della mente; in terzo luogo, Modigliani insegue il disegno di un’estrema armonia, raggiungibile attraverso la sintesi estetica: ultima speranza, peraltro, di armonizzare se stessi con il mondo. Se si considerano questi aspetti, allora Amedeo Modigliani rappresenta la figura emblematica e centrale di quella Parigi e di quella Montaparnasse.” (da “Modigliani” di Giorgio Cortenova, Giunti Editore).

Modigliani in questi anni conosce Paul Guillame (Parigi 1891 -1934), giovane mercante d’arte proprietario di una galleria che spesso aiuterà l’artista livornese commissionandogli o comprandogli qualche opera.

Nel 1909 Guillame presenta Modigliani a Constantin Brancusi (Peștișani, 1876 – Parigi 1957) scultore rumeno le cui opere influenzarono Modigliani al punto da spingerlo a realizzare alcune sculture. Oltre a Brancusi si ispirò principalmente all’arte classica delle sculture greche arcaiche dei giovani atleti nudi (kúroi), delle sculture egizie e alle maschere africane dai lineamenti allungati così simili al suo modo di dipingere. Nella sua scultura, Modigliani ha scolpito direttamente la pietra nel tentativo di preservare nella forma l’unità plastica del blocco. Nel 1912 espose una serie decorativa di otto teste di pietra nel Salone d’Autunno.

Anna Achmatova

Kuzma Petrov Vodkin, ritratto di Anna Achmatova. 1922

Nel 1910 conosce la grande poetessa russa Anna Achmatova (Anna Andreevna Gorenko – Bol’soj Fontan, Odessa 1889 – Mosca 1966) e ne rimane affascinato, ancora prima della sua notorietà raggiunta con la pubblicazione delle sue raccolte di poesie

Anna si era recata a Parigi con il marito (Nikolaj Stepanovič Gumilëv, Kronštadt 1886 – San Pietroburgo 1921) in viaggio di nozze. In questo periodo gli incontri con Modigliani avvengono nei salotti letterari di Parigi, dove si vede subito una certa gelosia fra Amedeo e Nikolaj. Proseguono così il loro viaggio di nozze in Italia, ma, tornati in Russia, la coppia Achmatova-Gumilëv, capisce che ognuno deve rincorrere le proprie ispirazioni.

Quindi Anna ritorna a Parigi, dove i salotti letterari l’avevano affascinata. Incontra di nuovo Modigliani e fra i due nasce simpatia e un rapporto di reciproca collaborazione artistica. Qualcuno ha ipotizzato che ebbero una vera e propria relazione, ma questo non è certo.

Anna parla di Amedeo nel suo diario scrivendo che “…in quel tempo si occupava di scultura: lavorava in un cortile, vicino al suo atelier; nel vicoletto vuoto si sentivano i colpi del suo martello … In quel tempo Modigliani sognava l’Egitto. Mi portò al Louvre, perché visitassi la sezione egizia: affermava che tutto il resto non era degno di attenzione. Disegnò la mia testa in acconciatura di regina egizia o di danzatrice …

Amedeo non ha il coraggio di chiedere alla giovane poetessa di posare come modella per le sue opere. Ma l’artista imprime nella sua mente i lineamenti di Anna e realizza alcuni disegni. Quando Anna riprenderà la strada della Russia, Amedeo dà sfogo alla sua memoria e realizza dipinti e sculture ai Anna Achmatova

Crea disegni in cui la giovane appare nuda, il corpo quasi androgino, flessuoso, morbido. Sedici di questi disegni verranno spediti a Pietroburgo che Anna apprezza molto e custodisce con grande cura. Purtroppo andranno quasi tutti persi durante gli anni difficili della rivoluzione d’Ottobre.

Nel 1914 Modigliani abbandona la scultura soprattutto per motivi di salute, dedicandosi esclusivamente alla pittura, ma la sua esperienza di scultore ebbe conseguenze fondamentali per il suo stile pittorico. Le caratteristiche delle teste scolpite di Modigliani, con il collo e il naso lunghi, lineamenti semplificati e lunghi volti ovali, divennero tipiche dei suoi dipinti. Ha ridotto e quasi eliminato il chiaroscuro (l’uso di gradazioni di luce e ombra per ottenere l’illusione della tridimensionalità), e ha raggiunto un senso di solidità con contorni forti e ricchezza di colori giustapposti.

In un caffè Modigliani incontrò Elvira, una bellissima giovane donna: era una cortigiana professionista soprannominata ‘La Quique‘. Fu un colpo di fulmine per entrambi. I dipinti Elvira appoggiata al tavolo e Nudo in piedi (Elvira), spesso riprodotto su cartoline, sono due dei suoi capolavori.

Caratteristici ritratti dal collo lungo, spesso con gli occhi senza pupille con la testa quasi sempre leggermente piegata da un lato

Molti ritratti del periodo più fertile vengono dipinti durante lo svolgersi della prima guerra mondiale, mentre Modigliani vive a Parigi, a poche decine di chilometri dal fronte, eppure, nei suoi dipinti e nella sua vita non appare traccia del primo e grande conflitto mondiale. Nonostante questo aumentarono le difficoltà nella vita di Modigliani. Alcuni dei suoi amici erano al fronte e i suoi quadri non si vendevano, provocando ulteriori ristrettezze economiche che causarono un aggravarsi delle sue condizioni di salute.

Modigliani viveva nel suo mondo, con le sue difficoltà quotidiane. La guerra per lui era una cosa astratta e lontana, ininfluente rispetto alla sua “febbre” pittorica, ma invece influì negativamente sulla sua vita.

Tra il 1915 e il 1916 Modigliani realizzò quattro ritratti dipinti del suo mecenate, Paul Guillame. Il primo di essi, conservato al Musée de l’Orangerie, proclama il rapporto privilegiato tra il mercante e l’artista all’inizio del 1915.

In questi anni aveva una travagliata relazione con una poetessa sudafricana, Beatrice Hastings. Ma fu proprio Guillame e soprattutto il poeta polacco Leopold Zborowski (Varsavia 1889 – Parigi 1932) ad acquistare e a vendere alcuni dei suoi lavori.

Modigliani non era un ritrattista professionista; per lui il ritratto era solo un’occasione per isolare una figura come una sorta di rilievo scultoreo attraverso un disegno di contorno deciso ed espressivo. Eppure gran parte delle sue opee sono ritratti di amici e conoscenti, solitamente personalità del mondo artistico e letterario parigino (come gli artisti Juan Gris e Jacques Lipchitz, lo scrittore e artista Jean Cocteau, e il poeta Max Jacob), ma ritrasse anche personaggi sconosciuti, tra cui modelle, servitori, e ragazze del quartiere.

Nel 1917 iniziò a dipingere una serie di circa 30 grandi nudi femminili che, con i loro colori caldi e luminosi e le forme sensuali e arrotondate, sono tra le sue opere migliori. Nel dicembre di quell’anno Berthe Weill organizzò per lui una mostra personale nella sua galleria, ma la polizia giudicò indecenti i nudi e li fece rimuovere.

A lettere maiuscole, sul modello delle insegne pubblicitarie – ma anche delle tele dei suoi futuristici compatrioti, Modigliani scrive il nome del mercante, oltre che delle iscrizioni, in un manifesto venato di umorismo: è Paul Guillaume, “Novo Pilota “, che dà la direzione. Come un pilota automobilistico o un pioniere dell’aviazione, prende in mano il destino del giovane dipinto.

In una nota più personale, Modigliani lo invoca come una nuova guida alla sua vita artistica: in piena guerra, in un momento di profonda indigenza, Paul Guillaume assume il ruolo di sostegno materiale e morale.

Jeanne Hebuterne

Jeanne Hebuterne, fotografata a 16 anni nel 1914

Il 30 dicembre 1916 Modigliani conosce, all’Accadémie Colarossi, una bella e giovane aspirante pittrice, appena diciottenne, Jeanne Hébuterne (Meaux 1898 – Parigi 1920), dove lei stava frequentando un corso di belle arti.

Jeanne, cresciuta in una famiglia cattolica, figlia di Achille Casimir Hébuterne, contabile e Eudoxie Anaïs Tellier, casalinga, era molto legata al fratello André (1894-1992). Con lo scoppio della guerra il fratello dovette partire per il fronte e Jeanne, che si cimentava già da tempo nella pittura, alterna paesaggi Bretoni, dove si recava spesso con la famiglia, a dipinti tragici.

Nel luglio del 1917 i due andarono a convivere presso Rue de la Grande Chaumière, a due passi dall’accademia frequentata da Jeanne, la quale tenne la famiglia all’oscuro di tutto fino al marzo dell’anno seguente, a causa di una ormai evidente gravidanza.

Nello stesso periodo Modigliani ricevette una lettera da un’ex amante, Simone Thiroux, una ragazza franco-canadese, che lo informò di essere di ritorno in Canada e di avere dato alla luce un figlio, avuto da lui. Modigliani non riconobbe mai il bambino come suo. (da Wikipedia)

Nell’estate del 1918, a causa delle precarie condizioni di salute di Modigliani affetto dalla tisi, la coppia si trasferì a Nizza dove il 29 novembre nacque la loro figlia Jeanne.

La sua pittura diventa sempre più raffinata nella linea e delicata nel colore. Una vita più tranquilla e il clima del Mediterraneo, tuttavia, pur stemperando in parte i suoi lati più difficili e spigolosi, non lo aiutarono a migliorare il suo stato di salute minata.

La permanenza in Costa Azzurra durò poco più di un anno e l’estate successiva, nonostante la salute di Modigliani si facesse sempre più precaria, i due tornarono nuovamente a Parigi nel maggio del 1919.

Il 24 gennaio 1920 Amedeo Modigliani morì di meningite tubercolare e Jeanne Hébuterne venne condotta da Leopold Zborowski in una camera d’albergo decisamente più calda e accogliente dell’appartamento diviso col compagno, perché vi passasse la notte. L’indomani la cameriera vi scoprì un rasoio, sotto il guanciale. Jeanne venne quindi trascinata nella casa paterna dai propri familiari ma, intorno alle 4 del mattino del 26 gennaio, la giovane donna, al nono mese di gravidanza, si lanciò dalla finestra dell’appartamento al quinto piano, morendo sul colpo insieme al bambino da lei portato in grembo. Suo fratello, che la sorvegliava, si era assopito.

I familiari di Jeanne, che disapprovavano la sua relazione con Modigliani, la tumularono nel cimitero parigino di Bagneux, ma nel 1930 ne permisero il trasferimento al cimitero Père Lachaise affinché venisse seppellita nella stessa tomba dell’amato. Il suo epitaffio recita in italiano: “Compagna devota fino all’estremo sacrifizio”.

La piccola Jeanne, nata il 29 dicembre 1918, fu accolta dalla famiglia del padre, a Livorno.

Poco conosciuto al di fuori dei circoli parigini d’avanguardia, Modigliani aveva raramente partecipato a mostre ufficiali. La fama arrivò dopo la sua morte, con una mostra personale alla Galleria Bernheim-Jeune nel 1922 e successivamente con una biografia di Salmon.

Per decenni le valutazioni critiche dell’opera di Modigliani sono state oscurate dalla drammatica storia della sua tragica vita, ma ora è riconosciuto come uno degli artisti più significativi e originali del suo tempo.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Giorgio Cortenova, Modigliani. Ed. Giunti, collana artedossier
  • Marc Restellini, Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Ed. Sillabe, Livorno 2019
  • Ian Chilvers, Dizionario dell’Arte. Baldini Castoldi Dalai editore, Milano 2008.
  • Jeanne Modigliani, Modigliani, senza leggenda. Vallecchi Editore, 1958
  • Luca Dal Canto, I luoghi di Modigliani tra Livorno e Parigi. Edizioni Erasmo, 2014
  • Anna Achmatova, Amedeo Modigliani e altri scritti (a cura di Eridano Bozzarelli), Casa editrice SE, 2004
  • Anna Achmatova, Le rose di Modigliani. Il Saggiatore, 1982

 

 

SITOGRAFIA

 

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